Simona D’Onofrio del dipartimento di Prevenzione Asl dell’Aquila in occasione del seminario sull’obiettivo 3, “Salute e Benessere”, dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile, il documento sottoscritto nel 2015 da 193 Paesi delle Nazioni unite, è stata precisa: “Il livello di istruzione è un fattore determinante di salute, anche nell’ottica di dati di mortalità nel periodo pandemico”.
“I dati di mortalità Istat per livello di istruzione mostrano già nel periodo pre-pandemico significative disuguaglianze a sfavore delle persone meno istruite e, questo, malgrado una parziale attenuazione degli effetti, rispetto ad altri Paesi europei, grazie alla protezione della dieta mediterranea, della rete familiare e di un sistema sanitario universalistico”.
“In corrispondenza della prima ondata della pandemia – si legge su Infomedianews – il divario di mortalità tra i meno e i più istruiti si è ulteriormente allargato; i meccanismi che espongono al rischio di morte hanno, infatti, agito con maggiore virulenza sulle persone meno istruite”.
Sulla base del rapporto Istat Bes (Benessere equo e sostenibile in Italia) 2020, la dottoressa ha ricordato che nel periodo febbraio-novembre di quell’anno, il primo dalla diffusione del Covid, si stimano complessivamente circa 84mila morti in più in Italia.
“L’eccesso di mortalità è un importante indicatore dell’impatto complessivo dell’epidemia, non solo tenendo conto dei decessi attribuiti direttamente a Covid-19 ma anche di quelli che possono essere sfuggiti al sistema di sorveglianza perché non diagnosticati o dei decessi indirettamente collegati alla pandemia, quali le morti causate da un trattamento ritardato o mancato a causa di un sistema sanitario sovraccarico”.
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