Il quoziente di intelligenza superiore a 120 più che un dono appare fonte di angoscia e di difficoltà a inserirsi nel gruppo di amici o a scuola”.
Per i bambini “gifted”, ossia che hanno il “dono” di un quoziente di intelligenza superiore a 120, la vita non è così semplice come potrebbe sembrare. “Ci sono tre problemi ricorrenti: difficoltà a fare amicizia con i coetanei, noia a scuola e estrema sensibilità ed emotività”, spiega Steven Pfeiffer, psicologo americano che da oltre 30 anni studia i bambini gifted.
In questi giorni è a Milano, pubblica Il Redattore Sociale, perché parteciperà al convegno “Intelligenza e creatività”, organizzato da Step-net, associazione nazionale dei genitori che hanno figli “plusdotati”.
“Siamo stanchi di nasconderci -afferma Viviana Castelli, presidente dell’associazione e mamma di due bambini gifted-. Spesso si tratta di ragazzi che hanno comportamenti che possono sembrare ‘asociali’ e loro stessi non si sentono capiti. Per i genitori, poi, c’è l’angoscia di non essere all’altezza e la preoccupazione perché vedono che i loro figli non riescono a inserirsi nel gruppo di amici o a scuola”. Secondo la letteratura scientifica, circa il 5% dei bambini ha un quoziente di intelligenza elevato, in pratica uno in ogni classe.
Genitori e studiosi chiedono al Parlamento e al Governo il riconoscimento dell’esistenza dei bambini gifted.
“Abbiamo anche predisposto delle linee guida per un disegno di legge. I nostri figli fanno fatica a frequentare la scuola, perché non ha gli strumenti adeguati per accoglierli. Paradossalmente, succede anche che l’abbandonino. Bisogna pertanto prevedere un’adeguata formazione degli insegnanti. E a livello nazionale, predisporre i programmi scolastici in modo tale che ci siano percorsi anche per questi alunni, così come avviene per quelli disabili”.
Se per un verso ci vuole formazione e disponibilità da parte della scuola, dall’altro essa appare ancora rigida, non completamente convinta ma, dicono gli esperti, la sfida è anche questa
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