Fake news. Gli studiosi la dipingono ormai come una nuova e montante “barbarie”; certamente, come uno dei più potenti attacchi alla possibilità stessa di sopravvivenza delle democrazie nel mondo. Nella società dell’informazione, la disinformazione diffusa è una grande ed economica risorsa per destabilizzare Paesi, orientare gli elettorati, modificare le agende governative, dividere i cittadini in opposte ed agguerrite fazioni. (VAI AL CORSO)
Il problema non riguarda più solo la quantità ed i meccanismi di rapida propagazione delle fake news, ma soprattutto i particolari meccanismi di affiliazione sociale e di chiusura interna ai gruppi, che si determinano attorno all’attrattore polarizzante (e divisivo) di questo o quel tema in discussione, secondo strategie di psicologia sociale facilmente individuabili.
Ma cosa può fare la scuola per intervenire su questo aspetto? Certamente occorre sviluppare la capacità di pensiero critico negli studenti, la capacità di non manipolare e di non farsi manipolare. Ma quanto siamo manipolabili? Facciamo qui un esempio di attività didattica preliminare su questo aspetto, centrale, del più ampio tema del pensiero critico.
L’insegnante pone ai suoi alunni un problema, quello della personale capacità di percezione corretta degli oggetti e propone loro il seguente quesito: quale dei segmenti a destra del foglio è della stessa lunghezza del segmento che si trova a sinistra?
I ragazzi rispondono scrivendo su un foglio il numero che ritengono corretto (1). L’insegnante propone successivamente un video nel quale alcuni giovani sono chiamati allo stesso compito. Dopo un paio di prove in cui le dichiarazioni di ciascuno sono in linea con l’evidenza, e pensano tutti allo stesso modo, nella terza prova (ovviamente con variazioni nell’insieme dei segmenti) scatta la “trappola”. Bisogna sapere che, dei sei giovani chiamati a dare le loro risposte, cinque sono complici dello sperimentatore. I complici dichiarano uno per uno la loro valutazione percettiva, indicando (in modo volutamente errato) come segmento corretto, poniamo, il numero 2 (evidentemente più corto del segmento di sinistra). Lo studente target, che risponde per quinto, dopo un attimo di esitazione e con una strana espressione rassegnata sulla faccia, dichiara che anche per lui il segmento corretto è il numero 2.
In questo esperimento di Solomon Asch sul conformismo sociale, uno dei più noti nella storia della psicologia, il 37% delle persone si sono conformate al trend definito dalle risposte del gruppo, dando una risposta che non avrebbero dato se fossero state interrogate da sole o se anche altri soggetti avessero espresso prima di loro il loro stesso parere.
Di fronte, insomma, al parere unanime del gruppo, non se la sono sentita di andare controcorrente, pensando che probabilmente erano loro ad avere una percezione inadeguata delle effettive lunghezze, magari un po’ come avviene con le illusioni ottiche. In realtà un’illusione è stata effettivamente creata, ma non era ottica, bensì sociale.
Un viaggio verso il pensiero critico, nella scuola, può partire, semplicemente, anche da qui: cominciando col guardare un po’ più da vicino a come funziona effettivamente la nostra mente.
Su questi argomenti il corso Informazione e fake news, di Giovanni Morello, in programma dall’8 marzo.
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