A conferma di quanto detto, il tasso di passaggio dalla scuola all’università tra i 18-19enni è sceso dal 50,8% del 2009/2010 al 47,3% del 2011/2012.
Anche tra chi si iscrive all’università emergono presto segni di stanchezza e disaffezione. Nel 2011/2012 ha abbandonato gli studi tra il primo e il secondo anno il 15,4% degli iscritti alle lauree triennali e il 10% degli iscritti alle lauree a ciclo unico. Solo uno studente su quattro arriva a conseguire il titolo alla fine dei tre anni canonici e il 43,6% si laurea in un corso diverso da quello di immatricolazione. La quota di immatricolati che arrivano a conseguire il titolo triennale è ancora molto bassa, intorno al 55%, mentre nei Paesi dell’Ocse si arriva in media al 70%.
Nell’anno accademico 2013-14 sembra però avviarsi un’inversione di tendenza, infatti, dopo anni di declino economico e sfiducia nell’alta formazione molti studenti avrebbero deciso di riecheggiare le origini perdute, scegliendo di iscriversi all’università. A dar man forte al ritorno di fiamma tra neodiplomati ed atenei, sarebbero due fattori principali: il primo è dato dall’effimera offerta lavorativa delle aziende italiane, ormai giunte allo strenuo delle forze, il secondo dalle suggestive strategie di marketing messe a punto dalle Università italiane. Crisi economica e strategie di marketing si contrappongono, ma la domanda rimane: Oggi le famiglie italiane possono permettersi il lusso di un figlio all’università?