Quasi tutti i giornali hanno ripreso l’ordine del giorno varato dal Governo con cui si vogliono rinverdire le gabbie salariali. Su la Stampa, Chiara Saraceno esordisce con un titolo che chiarisce tutto e sul quale anche noi ci eravamo intrattenuti: “Le gabbie salariali e quell’insana voglia di dividere il paese”, e che così inizia il pezzo: “Mentre il governo ha bloccato la proposta di salario minimo presentata dalle opposizioni sale la voglia di tornare una qualche forma di gabbie salariali in nome del diverso costo della vita su base territoriale. Ci aveva già provato il Ministro Valditara, con la sua proposta, subito cassata tra le proteste, di stipendi differenziati per gli insegnati a seconda del luogo in cui insegnano” (La Stampa)
Intanto sul Sole 24 Ore si legge che la “Lega, con il sostegno di Forza Italia e Fratelli d’Italia, ha convinto la maggioranza a procedere con un ordine del giorno e un disegno di legge per differenziare le retribuzioni dei dipendenti pubblici e privati in base al costo della vita”.
E aggiunge che “prima era un cavallo di battaglia solo della Lega, ora tutta la maggioranza sembra d’accordo: le retribuzioni dei dipendenti pubblici e privati dovranno essere adeguate al luogo in cui vivono”.
Maggioranza con Fratelli d’Italia compresa, che ama parlare al popolo italiano, così spesso inizia i suoi comizi Giorgia Meloni, di Patria e Unità nazionale, mentre insieme con Salvini “decide di procedere su due fronti: con un ordine del giorno presentato durante la discussione che ha azzerato il salario minimo, che passa alla Camera col parere favorevole del governo, e con un disegno di legge assegnato in Commissione Lavoro del Senato il 28 novembre”.
Repubblica titola: “La scuola boccia i salari differenziati. Schiaffo al Sud, aumenti per tutti”
E poi continua nel sommario: “La rabbia di prof e sindacati contro la proposta della Lega. Non firmeremo mai un contratto simile. Si intervenga sugli affitti esagerati delle case”.
L’affondo è comunque il seguente: “Se ci sono docenti che meritano uno stipendio più alto sono quelli che insegnano in Calabria, in Campania, in Puglia, in Sicilia, in Basilicata. Sono i docenti-eroi che ogni giorno lottano in condizioni disagiate, in contesti sociali difficili, in edifici scolastici inadeguati. Sono i docenti che devono raggiungere sedi impervie, che ogni giorno salgono su treni pendolari da terzo mondo, che rischiano perfino l’incolumità nelle aree più pericolose”.
E sarebbero proprio queste condizioni che impongono un costo della vita forse un po’ più basso, ma sufficiente per scatenare una battaglia ideologica più che realistica sui salari e sulla scuola, sugli insegnanti e sulla istruzione, compreso tempo pieno e mense scolastiche, precariato e disoccupazione.
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