Secondo Sabrina De Santis, direttrice del settore Education di Federmeccanica, che nel 2016 ha lanciato il più vasto programma triennale di scuola-lavoro nel settore meccanico, «Le nuove 150 ore minime di alternanza scuola-lavoro nel triennio finale degli istituti tecnici rappresentano, per i ragazzi, poco più di una settimana in impresa l’anno; in pratica, stiamo parlando di una visita aziendale; un lasso temporale insufficiente ad acquisire quelle competenze trasversali, dal problem solving alle relazioni interpersonali, all’adattabilità/flessibilità organizzativa, sempre più richieste oggi nel mondo del lavoro. Così facendo, il governo Conte ha portato indietro le lancette di almeno 15 anni con il rischio, concreto, di tornare a circoscrivere l’alternanza a una “elite” di studenti».
Lo scrive Il Sole 24 Ore che aggiunge come il dimezzamento di ore e fondi dell’alternanza (che ha cambiato anche nome «Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento») ha rappresentato «un inaspettato passo indietro. Il vantaggio della scuola-lavoro è far acquisire ai giovani competenze tecniche e trasversali che vanno a integrare il curriculum di studio. Per far bene tutto ciò è necessario un numero di ore “on the job” adeguato. Con Unioncamere stiamo ragionando su un percorso di certificazione delle competenze tecniche e soft. Noi andremo avanti. Ma non c’è dubbio che lo svuotamento dell’alternanza creerà dei problemi».
Federmeccanica, si legge sul Sole, ha lanciato nei mesi scorsi una petizione (ha già raccolto oltre 22mila firme); e a criticare la scelta dell’esecutivo sono stati, in coro, i principali stakeholder. Dall’intera Confindustria all’Associazione nazionale presidi, passando per enti territoriali e studiosi di education.
Dal Veneto alla Lombardia, le modifiche del numero di ore previste dalla nuova normativa stanno impattando negativamente sull’implementazione di questi percorsi.
La sforbiciata di ore e fondi cade proprio in un momento in cui le azioni di sensibilizzazione condotte in questi anni da Assolombarda stavano iniziando a dare frutto, con un maggior numero di imprese, anche di piccole dimensioni, pronte ad aprire le porte alle scuole. Ad essere penalizzati dal punto di vista della futura occupabilità saranno gli studenti degli istituti tecnici e soprattutto quelli dei professionali, con questi ultimi che già soffrono la “concorrenza” dei corsi regionali di istruzione e formazione professionale, dove i moduli in alternanza raggiungono il 50% delle ore complessive di formazione».
Anche dalle scuole qualcosa, continua pubblicare Il Sole 24 Ore, si muove: «Noi crediamo molto nell’alternanza e assieme ai docenti abbiamo iniziato a valutare se e come rimodulare il nuovo monte ore minimo di attività – dice il preside dell’istituto tecnico e professionale di Bologna -. L’idea è, tuttavia, quella di salvaguardare le migliori esperienze di scuola lavoro costruite nei territori attraverso alleanze strategiche con aziende ed enti pubblici e privati, continuando a farne un elemento di senso nei curricula degli studenti. Noi, per esempio, collaboriamo da tempo con Fondazione Golinelli, Ducati, Lamborghini, Poggipolini, Carpigiani, Yoox, Coop Alleanza e Coop Italia. Sono legami e iniziative importanti, in primis per i ragazzi. E non penso che faremo passi indietro sui percorsi più riusciti. Faccio anche notare che l’inevitabile retroazione dell’alternanza sulla didattica ha spinto i docenti a ripensare il lavoro in classe, distillando i saperi che non possono più solo essere ripetuti, ma che devono sempre più essere agiti in un’ottica di co-costruzione delle conoscenze».
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