I timori dei sindacati erano fondati. La Scuola esce ancora una volta penalizzata dalle decisioni del Parlamento. Stavolta a smorzare gli entusiasmi ci hanno pensato le Commissioni Affari costituzionali e Bilancio del Senato. Che tra gli emendamenti al decreto ‘milleproroghe’, giunto nel pomeriggio all’esame dell’Aula di Palazzo Madama, non se la sono sentita di inserire quell’emendamento, chiesto con insistenza dal Pd e da tutti i sindacati, che avrebbe permesso a migliaia di dipendenti, in larga parte insegnanti, di andare in pensione col sistema pre-Fornero facendo valere i contributi dell’intero anno scolastico in corso, quindi fino 31 agosto 2012. La richiesta, del resto, era del tutto lecita. Visto che il servizio del personale scolastico si sviluppa sull’anno scolastico e non quello solare. Evidentemente il vincolo dei 100 milioni di euro mancanti per “coprire” l’uscita anticipata di docenti e Ata, già decisivo alla Camera, è stato fatale.
Secondo Francesco Scrima, segretario generale della Cisl Scuola “sulle pensioni la scuola non rivendica privilegi, chiede solo di non essere penalizzata a causa delle particolari modalità che regolano la cessazione dal servizio del suo personale. Consentire di andare in pensione coi vecchi requisiti a chi li maturi entro il 31 agosto, e non il 31 dicembre, avrebbe permesso di rimuovere una vera e propria iniquità. Chi ha impedito che passasse l’emendamento rivolto a questo fine si assume una grave responsabilità”.
Secondo il leader del sindacato confederale, però, non è detta l’ultima parola. “La Cisl Scuola – conclude Scrima – incalzerà il governo e le forze politiche perché la questione sia comunque ripresa in considerazione, cercando e trovando una soluzione nel più breve tempo possibile”.
Delusa pure la Flc-Cgil, che pensa anche ai posti che si sarebbero liberati per il personale non di ruolo: “Quell’ emendamento – dice il segretario generale Mimmo Pantaleo – poteva dare una risposta ai precari liberando altri 3.500 posti da utilizzare per le stabilizzazioni”.
La Uil Scuola ricorda che “la riforma pensionistica ha creato molti problemi nel personale della scuola ed è ancora più penalizzante considerando che, chi lavora nella scuola può andare in pensione solo dal 1 di settembre”. Anche per la Uil la questione non è chiusa: “sollecitiamo il ministro Profumo ad intervenire e continueremo ad insistere perché in sede parlamentare venga individuata una soluzione equa”.
Ma le critiche per l’esito del capitolo ‘milleproroghe’ a Palazzo Madama non finiscono qui. Molto attesa era anche l’espressione dei senatori a proposito del via libera della Camera sull’accesso nelle graduatorie ad esaurimento dei 23mila abilitati a partire dal 2008. La Lega Nord, guidata dal sen. Mario Pittoni, aveva promesso battaglia sino all’ultimo. Ed è riuscito quasi nell’impresa.
L’emendamento approvato dalle Commissioni del Senato prevede infatti l’istituzione di una fascia aggiuntiva alle graduatorie per quei "i docenti che hanno conseguito l’abilitazione dopo aver frequentato i corsi biennali abilitanti di secondo livello ad indirizzo didattico (Cobaslid), il secondo ed il terzo corso biennale di secondo livello finalizzato alla formazione di docenti di educazione musicale" di alcune classi di concorso, "nonché i corsi di laurea in scienze della formazione primaria negli anni accademici 2008/09, 2009/10 e 2010/11". Porte sbarrate, quindi, per coloro che hanno iniziato i corsi lo scorso settembre (i cosiddetti abilitandi).
Vibrante la reazione di Marcello Pacifico, Presidente dell’Anief, che ancora una volta si ritrova a dare battaglia contro le “code”: secondo il sindacalista in questo modo “si penalizzano dei docenti abilitati presso le Facoltà di scienze della Formazione primaria, Conservatori e Accademie solo perché hanno conseguito l’abilitazione in un mese o anno diverso dagli altri colleghi”.
Pacifico sostiene che quanto accaduto “è scandaloso”. Perché ci sono “almeno tre le sentenze della Corte Costituzionale violate: la 168/2004, la 41/2011, la 242/2011. E poi ci si lamenta – continua il Presidente dell’Anief – se si ricorre ai tribunali: i ministri come tutti i parlamentari dovrebbero pagare con le loro tasche le condanne alle spese che la magistratura commina, e non i magistrati. Soltanto così si otterrebbe quel poco di attenzione necessaria all’attività legislativa”. Il sindacalista rivolge quindi un appello ai senatori della Repubblica: “boccino o modifichino in aula il testo”. Ma è probabile, a questo punto, che i giochi al Senato siano fatti. Anche il presidente dell’Anief se ne rende conto. Tanto che in serata invita "il Presidente della Repubblica a non firmare il provvedimento".
Resoconto della seduta del 14 febbraio 2012.
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