È stato finalmente presentato alla Camera il Ddl sulla riforma della scuola, la prossima settimana inizierà l’iter parlamentare di approvazione. Seppure rimangono molte delle perplessità già suscitate dal precedente testo, quello approvato dal cdm del 12 marzo, sono state apportate, grazie ad una maggiore precisione linguistica, modifiche non di poco conto, che permettono oggi di ricostruire in modo più preciso e organico quanto avverrà nelle scuole secondarie superiori con l’introduzione delle cosiddette nuove materie scolastiche e dell’organico dell’autonomia. I punti nodali si desumono da una lettura congiunta degli articoli 2 e 3 dell’ormai definitivo disegno di legge.
L’articolo 2, comma 3, in sostanza dà alle istituzioni scolastiche il potere di definire l’organico dell’autonomia sia in relazione all’offerta formativa che intendono realizzare, cioè in relazione agli insegnamenti curricolari con le eventuali modifiche dettate dalla quota di autonomia e dagli spazi di flessibilità, sia in riferimento al potenziamento della medesima offerta formativa e delle attività progettuali. E mentre il primo potere è ovviamente vincolato al rispetto del monte orario degli insegnamenti, il secondo esula da questo limite e pare finalizzato al raggiungimento di una serie di obiettivi che vanno dalla lettera a) alla lettera q), tra cui il necessario potenziamento di alcune materie come arte, musica, diritto, economia, educazione motoria e altre ancora.
A conferma di questa interpretazione, il comma 8 del medesimo articolo recita che nel Piano triennale sono ricompresi due diversi organici: il fabbisogno dei posti comuni e di sostegno, vincolati al monte ore degli insegnamenti, salvi i ritocchi (facoltativi) dovuti all’autonomia scolastica come già la conosciamo, e il fabbisogno dei posti per il potenziamento dell’offerta formativa, che invece non subiscono questi limiti e sembrano obbligatori. Si tratta, a quanto pare, di materie aggiunte, demandate a nuovi docenti, presumibilmente appartenenti all’organico funzionale ed eventualmente in copresenza tra loro.
Scegliere come raggiungere gli obiettivi di potenziamento indicati (che debbono però essere raggiunti) spetta invece alle singole istituzioni scolastiche. Infine, l’articolo 3 introduce insegnamenti opzionali non meglio indicati, che si aggiungono anch’essi al quadro orario dei singoli indirizzi ma che attingono al fabbisogno di posti già determinato nel Piano triennale dell’offerta formativa. Presumibilmente, toccheranno insegnamenti anche pomeridiani e ulteriori rispetto a quelli indicati nei punti che vanno dalla lettera a) alla lettera q) dell’articolo 2, comma 3.
La relazione tecnica del Ministero che accompagna il testo del Ddl afferma che tali insegnamenti sono facoltativi e non obbligatori. Le scuola potranno quindi non inserirli nel curriculum dello studente, a differenza degli insegnamenti che costituiscono potenziamento dell’offerta formativa.
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