Che sia perciò un “governo del fare” dipende dalla sua durata e se cade il governo Letta si sarà uno stop a tutto.
Fino ad ora solo parole e promesse che non sono servite a cambiare nulla. I tanto attesi cambiamenti annunciati e più volte rimandati non trovano spazio neanche nella prossima Legge di stabilità di ottobre perché – al momento – il documento non riporta nulla sulle pensioni. È auspicabile una riforma della riforma, volta all’introduzione di un meccanismo di flessibilità che consenta di anticipare la pensione prevedendo una piccola penalizzazione sull’importo dell’assegno in base al numero di anni di anticipo. Si continua a discutere di eventuali modifiche, a partire dalla mini-manovra avanzata da Cesare Damiano del Pd, che prevede la possibilità di andare in pensione a 62 anni, con 35 anni di contributi, e un sistema di penalizzazioni graduali in base agli anni di anticipo rispetto alla soglia dei 66 anni e più. Il problema è la copertura economica per cui si ha l’impressione che siano in pochi a voler modificare l’impianto messo in piedi dalla riforma Fornero, che (per quanto contestata dal punto di vista sociale) sta garantendo i primi frutti economici.
Il dibattito sulla riforma delle pensioni sembra appartenere attualmente a un limbo “di color che sono sospesi”. Se dovesse cadere il governo tutte le riforme urgenti sarebbero congelate e verrebbero bloccate delle misure già varate.
La questione dei Quota 96, non ancora risolta, continua ad essere terreno di scontro e i sindacati, in particolare la Cgil, chiedono interventi concreti. Manuela Ghizzoni, deputata Pd, aveva sollevato il problema da tempo la questione e aveva parlato di “schiaffo ai diritti dei lavoratori” perché i diritti acquisiti non si devono toccano.
Serpeggia un timore atavico: quello di ritrovarsi povero in età anziana e di essere abbandonato dai propri cari nel momento del bisogno. Viene espresso in una conclusione paradossale: “Tanto, la pensione, non la prenderò mai!”.
Intanto, per i fortunati già in quiescenza, il ministro del Welfare ha affermato che il governo è intenzionato a non bloccare più l’indicizzazione all’inflazione delle pensioni, che dal 2014 sarà attiva per quelle fino ad un massimo di 3000 euro, contro gli attuali 1500 euro. Briciole.
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