Avverto la necessità di scrivere queste righe in risposta ad un articolo scritto su questo sito.
Le legittime preoccupazioni di un docente, per un futuro lavorativo che appare a tutti noi pieno di incertezze, sia dal punto di vista economico che da quello contrattuale. Incertezze e preoccupazioni, che peraltro in questo periodo non risparmiano alcun settore, nessuna categoria e che per molti lavoratori si sono già drammaticamente concretizzate con la perdita del posto di lavoro.
Quello che appare meno legittimo e condivisibile, invece, sono le colpe che l’autore della lettera, ritiene di dover addossare ad una parte dei docenti italiani, rei secondo lui di aver “provocato uno sconvolgimento epocale […] con sconsiderate azioni […] per nutrire i propri narcisismi e mettersi in mostra come “primi della classe”. La lettera si chiude, infine, con “un ringraziamento a tutti i colleghi e colleghe che, con la voglia di mettersi in mostra ed ottenere un’estemporanea carezzina d’approvazione sul collo, avranno reso possibile tutto questo.”
A questo punto, avrete senz’altro capito che le sconsiderate azioni a cui si riferisce l’autore sono quelle che hanno portato la stragrande maggioranza dei docenti italiani ad attivare la Didattica a Distanza, superando le mille difficoltà operative, prescindendo dai loro obblighi contrattuali, pur di mantenere vivo il rapporto con i propri studenti. Un’azione collettiva e diffusa, che non ha avuto distinzioni geografiche né di ordine o grado. Uniti, quasi tutti, forse per la prima volta.
Una sfida che ci siamo ritrovati a sostenere con l’unica divisione, tra chi, potendo essere d’aiuto o d’esempio ha tracciato la via, e chi, meno avvezzo all’uso delle risorse digitali nella didattica, si è ritrovato a seguire, comunque con spirito d’iniziativa e collaborazione. Ognuno, a proprio modo. E lo abbiamo fatto perché abbiamo sentito che era nostro dovere, al di là del contratto.
E di questo possiamo essere orgogliosi. Finalmente.
Trovo inaccettabili, offensive e divisive le parole scritte dall’autore di quella lettera e mi dispiace che Tecnica della Scuola abbia deciso di pubblicarle. Non abbiamo bisogno di essere ancora una volta divisi da insulti come questi, se vogliamo davvero combattere e vincere le giuste e sacrosante battaglie sindacali che ci attendono.
Il rispetto e la dignità che meritiamo come lavoratori arriverà, se, come abbiamo fatto in occasione di questa emergenza, saremo ancora capaci di tradurre la consapevolezza del nostro valore sul piano morale, in un comportamento e in un contegno adeguati.
Restiamo uniti.
La scuola non si ferma.
Marco Torella
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