E’ un fatto che si cominci a pensare alla pensione quando avanziamo con l’età, tanto più in quest’epoca in cui pare che tutti si viva in un eterno presente.
E’ normale perciò che tra i lavoratori della scuola e i docenti in particolare, la questione previdenziale sia un tema che suscita l’interesse di coloro tra noi (tanti) che hanno ormai valicato da un pezzo i cinquant’anni.
D’altronde per chi lavora nella scuola i motivi di preoccupazione e le ragioni che spingono all’azione per modificare l’esistente sono tante e tali, che la questione previdenziale non pare prioritaria ai più giovani che devono preoccuparsi della precarietà che il presente riserva loro.
Tuttavia la questione previdenziale è al centro dell’attenzione politica e i partiti che costituiscono l’attuale ibrida alleanza di governo sono chiamati a soddisfare nella prossima legge di Bilancio le tante promesse fatte in proposito durante la campagna elettorale, tanto è vero che in questi giorni siamo travolti da una girandola di numeri e percentuali, quasi che andare in pensione fosse come vincere alla lotteria!
E’ anche vero che ognuno di noi ragiona in modo molto personalistico quando pensa alla propria pensione, cioè ci è difficile porre la questione in termini politici, ma non ci sono dubbi che il diritto ad una pensione equa ed ad un’età adeguata per godersela sia una conquista per cui tutti i lavoratori dovrebbero , come fu nel corso del secolo passato, lottare uniti per difenderla.
Infatti come scrive il Prof. Giovanni Mazzetti:
“L’istituto previdenziale delle pensioni retributive a ripartizione ha rappresentato una tessera di un possibile mosaico in grado di prefigurare la transizione verso un nuovo modo di produrre e di vivere. Un tassello che dovrà ben presto essere ricollocato al suo posto, se non vogliamo subire la disgregazione dei rapporti sociali fino al suo esito estremo. Certo, bisognerà lavorare allo stesso tempo a mettere insieme le altre tessere del mosaico ( quelle che abbiamo definito come” diritto al lavoro”, “diritto allo studio”, “diritto ad un ambiente sano”, “diritto alla salute”, “diritto alla casa”,ecc.) per cogliere nel concreto il cambiamento culturale che può garantire una nuova fase di sviluppo”.
Non ci sono quindi dubbi sul fatto che diritto al lavoro e diritto alla pensione siano due tasselli fondamentali, correlati tra loro, che devono essere garantiti a tutti i cittadini in una società democratica. Nel mondo della scuola , però convivono due fenomeni tra loro contradditori: sia in entrata che in uscita la transizione è difficile e perciò paradossalmente i giovani devono patire anni di precariato e i vecchi rimanere in servizio senza più la passione e l’energia necessarie a svolgere il proprio lavoro al meglio.
Gli interessi dei giovani e dei vecchi non sono quindi contrapposti come da anni economisti, politici e giornalisti vogliono farci credere, veicolando una pericolosa guerra intergenerazionale. Il blocco del naturale ricambio generazionale si accompagna inoltre al sostanziale taglio dei salari e all’aumento dell’orario effettivo di servizio e delle incombenze burocratiche frutto delle controriforme succedutesi in questo ultimo quarto di secolo ,ultima ma non meno devastante, quella renzista, denominata infaustamente “Buona scuola”.
Le magre retribuzioni e il sistema di calcolo contributivo che con la Legge Fornero viene applicato a tutti a partire dal 2012 inoltre tagliano in misura consistente l’importo del nostro futuro assegno pensionistico.
Di fronte a questa situazione cosa intende veramente fare il sedicente “governo del cambiamento” ? Verranno confermate le tante promesse fatte e ribadite durante la campagna elettorale permanente che caratterizza il modo di comunicare delle forze politiche al governo?
Se andiamo oltre gli slogan e cerchiamo di districarci tra i numeri e le percentuali che fioccano quando si affronta il tema pensioni, non pare proprio che l’attuale governo abbia la volontà politica di voltar pagina, rispetto alle politiche di smantellamento dello stato sociale e di conseguenza investire in Previdenza pubblica e Istruzione somme crescenti in percentuale sul PIL , rispetto ad altri settori.
L’appiattimento sui dogmi delle oligarchie finanziarie in materia economica segna una sostanziale continuità tra i governi passati di Centrodestra, Centrosinistra o Tecnici e l’attuale governo ibrido.
Come Comitato Scuola Diritto alla Pensione, perciò ribadiamo i nostri obiettivi:
-Immediato blocco dell’aumento dell’età pensionabile e dei contributi necessari, previsto per il 2019
-Riduzione del numero di allievi per classe, una delle cause del “Mal di scuola” e dello stress lavoro correlato
-Pensione a 60 anni, o su base VOLONTARIA prolungamento fino max.65
-Pensione con 35 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica
-Ripristino del sistema di calcolo retributivo a ripartizione per garantire una cifra adeguata per tutti i pensionandi
-Erogazione del TFR/TFS in max tre mesi e non in 27, come avviene oggi nella scuola.
Comitato Scuola Diritto alla Pensione
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