I contatti con le scuole di Paesi europei è cosa sempre più frequente. Occasioni quindi di conoscenza e di confronto, arricchite ai nostri giorni dalle code delle polemiche italiane sulla “Buona Scuola”, le quali, evidentemente, hanno varcato i confini nazionali. E’sempre positivo poter parlarsi per scambiarsi esperienze, ma, in primis, per comparare sistemi scolastici diversi. L’equipollenza europea dei titoli di studio, quindi anche l’integrazione dei percorsi e quant’altro, lo sappiamo, è un sentiero giàtracciato a livello europeo, per consentire ai nostri giovani di confrontarsi con i propri coetanei di mezzo mondo.
L’occasione di questo interscambio, mi è capitato nei giorni scorsi a Milano, è andata a concentrarsi su un punto, che ho visto ha finito per sconcertare i colleghi degli altri Paesi, presidi e docenti: il rispetto delle leggi.
Lo spunto è stato lo sciopero del 5 maggio, lo stesso giorno delle prove Invalsi, ma anche quello già annunciato degli scrutini di giugno.
Perché lo sconcerto? Impensabile, questo il punto, che una norma non si debba applicare. Non solo non si possa, ma non si debba.
In poche parole, in un Paese normale, mi verrebbe da aggiungere, una legge èuna legge. Problematica e discutibile sin che si vuole, ma la legge è legge, cioè“obbligante a prescindere”. Potremmo regalare a tutti il Critone di Platone, col famoso discorso di Socrate sul rispetto delle leggi in quanto leggi. Tradotto in linguaggio attuale: la certezza del diritto. Grande vulnus soprattutto italiano.
En passant, possiamo aggiungere, questo ci riporta al tema della valutazione di tutti gli operatori della scuola, quindi non solo degli apprendimenti: pur problematica (l’oggettivitàèun ideale regolativo), ècomunque essenziale. Indiscutibile. Per tutti. Non solo quindi per gli studenti. Perchèvalutando il valutatore si lascia valutare. Che lo voglia o no.
L’Italia rischia, anche sulle prove Invalsi, di confermarsi il Paese del pressappoco, del “fatta la legge, trovato l’inganno”, degli azzeccagarbugli…, cioè del dominio delle interpretazioni su norme e fatti. Cioè il Paese nel quale nessuno è mai responsabile di niente, col rimpallo, appunto, delle responsabilità. Mentre, lo sappiamo tutti, la responsabilità, per qualsiasi cosa, è anzitutto personale, poi relazionale e collettiva. Che sia questo il grande muro di gomma della scuola italiana, meglio, di tutto il pubblico impiego?
Le norme, è bene ricordarlo, in un Paese democratico sono a garanzia di tutti. Per tutti. Mentre il diritto viene visto, quasi sempre, in forma strumentale, di volta in volta, a qualche interesse altro.
Si vuole cambiare un norma? Sappiamo come si fa, perchéla democrazia èmetodo e contenuto. Ma, una volta approvata, si applica. Meglio, prima si applica e poi si discute. Secondo procedura democratica. Ma si applica. Chi non la applica? Giusto che venga sanzionato, perché non fa il suo diritto/dovere.
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