Non c’è solo il Centro-Destra puntare il dito contro le prove Invalsi: se la coalizione Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia “minaccia”, in caso di vincita delle prossime elezioni politiche, addirittura di cancellarle – poiché i 7 milioni di euro l’anno che servono a sostenerle vengono considerati una “spesa folle” – anche alcuni sindacati hanno preso di mira l’Istituto nazionale di valutazione.
A prendere una posizione netta sul tema è il neo segretario generale della Uil Scuola, Giuseppe D’Aprile: in “ogni decisione politica – sostiene – si deve partire dal dare il giusto valore al lavoro delle persone magari eliminando i tanti sprechi presenti proprio nella scuola. Mi riferisco all’Istituto Invalsi bacchettato dalla Corte dei Conti che ha sottolineato l’esistenza di pesanti criticità”.
Il riferimento di D’Aprile è al rilevo mosso qualche giorno fa dalla Corte dei Conti, sul proprio sito internet, nei confronti dell’Invalsi, poiché, sostengono i magistrati contabili, malgrado il mancato svolgimento delle prove Invalsi 2020, dovuto alla pandemia, l’Invalsi ha comunque sostenuto un costo di 5.064.120 euro, a fronte dei 7.625.232 euro richiesti per la loro effettiva attuazione.
L’approfondimento svolto dalla Corte dei Conti evidenzia che il 65% delle risorse relative allo svolgimento delle prove è stato destinato a servizi esternalizzati, che indicano ridotti apporti da parte di personale e strutture interni, oltre a un’inefficienza nella spesa, per le consulenze esterne in crescita malgrado l’aumento della dotazione organica.
D’Aprile si sofferma proprio su questi costi, sottolineando che l’Istituto nazionale di valutazione “durante la pandemia ci è costato oltre 5 milioni di euro, fronte di costi a regime di circa 7 milioni di euro l’anno. Con un bilancio che sfiora i 18 milioni di euro”: una cifra, quest’ultima confermata alcune settimane fa dal presidente Invalsi Roberto Ricci direttamente alla Tecnica della Scuola.
Secondo il sindacalista a capo della Uil Scuola “è una cifra che non può passare inosservata mentre tutto il personale della scuola sta rivendicando risorse per rinnovare il contratto. Possiamo farlo, appunto, eliminando gli sprechi”, ha concluso D’Aprile.
La richiesta della Uil Scuola, quindi, è mettere assieme le spese non necessarie per elevare anche gli stipendi del personale, fermi al rinnovo del 2016/18 che portò un incremento di circa il 3,5%.
Ammesso, però, che la richiesta del sindacalista venisse recepita, facendo venire meno le prove considerati inutili ai fini del miglioramento della didattica italiana, il ritorno economico per la categoria sarebbe inferiore ad un euro al mese in più a dipendente.
Addirittura, cancellando l’intera istituzione dell’Invalsi, il ritorno in busta paga si aggirerebbe ad un euro e mezzo al mese docente.
Insomma, al di là del segnale che si invierebbe alla categoria, servono ben altre risorse – diversi miliardi di euro – per arrivare agli aumenti a tre cifre (nette!) prospettati dai sindacati e riproposti in questi giorni dal Pd e dal suo segretario generale Enrico Letta, che ha promesso in caso di vittoria di incrementare gli stipendi dei docenti di circa 300 euro entro la della fine prossima legislatura.
Di sprechi nella scuola e nel comparto Istruzione, insomma, bisognerebbe scovarne molti altri. Sempre se ci sono.
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