Se uno studente arriva in ritardo nelle nostre scuole, peggio che gli possa andare è un rimprovero o una nota sul registro, in Cina e in Giappone partono le punizioni corporali, registrate qualche anno fa da un telefonino. E non sembra fosse un caso isolato. Anzi.
In Giappone non pare siano da meno dove fra l’altro partono percosse e punizioni, con un autentico maltrattamento sui minori in nome della disciplina. È dovuto intervenire il caso di queste due bimbe per aprire il problema pesantissimo delle punizioni corporali e bandirli per via legislativa. Cosa non successo in altri paesi asiatici dove le percosse a colpi di canna o cinghie e le bastonate sono ancora messe in atto.
In ogni caso, il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia ha chiesto ai governi di “dare la priorità all’eliminazione di tutte le forme di violenza contro i bambini”
Nel Regno Unito le punizioni corporali sono state vietate con l’Education Act del 1996 e l’unico caso in cui oggi è contemplata una forza sta nel pericolo immediato di infortunio dell’insegnante o in caso di rischio di danneggiamento della proprietà.
Negli Usa, nelle scuole di oltre quindici Stati, vengono regolarmente utilizzate punizioni corporali per castigare gli alunni. Secondo la stampa locale nel 2021 un bambino di 4 anni è stato picchiato per aver parlato durante il pisolino in Louisiana, mentre nel 2018 in Mississippi una bambina di 8 anni è stata vittima di un pestaggio che le ha provocato una frattura al dito, solo per aver parlato in classe.
Nonostante la maggior parte delle scuole Usa rifiuti la pratica delle punizioni, che è già condannata dalle Nazioni Unite, perché giudicata una violazione dei diritti umani, alcuni stati del Sud difendono ancora il diritto delle scuole di disciplinare i bambini e gli studenti ricorrendo a pene corporali. Secondo i dati federali, tra il 2017 e il 2018 si sono registrati molti casi di percosse.
In Mississippi, stato che ha raggiunto il maggior numero di episodi di questo tipo, si sono verificati più di 3.800 violenze nell’ultimo anno scolastico: di questi, il 54% erano studenti afroamericani. Un distretto scolastico del Missouri ha affermato addirittura che le bacchettate a scuola sono un’azione “necessaria” per i bambini più indisciplinati.
Quanto all’Europa, la Carta sociale europeaaveva già vietato nel 1961 le punizioni corporali nelle scuole.
Sicuramente tuttavia da queste legislazioni emergono dati importanti e uno più di tutti: la scuola deve recuperare la sua centralità educativa e formativa e le si devono dare i mezzi per riconquistarla, ma non certo a suon di botte. Ma anche un altro dato si affaccia: la perdita da parte delle famiglie del controllo sui figli a cui nulla si rifiuta e che vogliono tutto e subito, compresa la promozione e con voti di tutto rispetto.
In Giappone e in Cina, da ciò che risulta, i metodi sembrano tropo sbrigativi e pesanti, soprattutto, anche se per i gesuiti fino a qualche secolo addietro le punizioni corporali erano un mezzo fondamentale e irrinunciabile per insegnare il greco, il latino e perfino l’ebraico antico: forse la bacchetta è troppo dura, ma un mitico scappellotto, dato ogni tanto dai genitori e sferrato magari con passione, non farebbe del tutto male a certi ragazzotti vissuti nella bambagia.
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