La notizia, in sintesi, è quella dei quattro studenti dell’Istituto Albe Steiner per Arti Grafiche di Torino, che hanno maltrattato un loro compagno di scuola, hanno ripreso la scena con un moderno telefonino e l’hanno diffusa sulla rete internet a disposizione di tutto il mondo virtuale, sicuramente influenzati dalle immagini, tante volte diffuse dai mass media, di quei soldati americani, tra cui una soldatessa, che hanno registrato, e diffuso, le torture inflitte ai prigionieri.
Senza entrare in merito al doloroso fatto, atteso che spetterà agli organi inquirenti accertare quanto sono perseguibili penalmente gli studenti, se hanno fatto tutto da loro stessi, o piuttosto loro siano stati solo la punta dell’icerberg, manovrati cioè da adulti, è bene, viceversa, verificare fino a quale punto la scuola può dirsi tale, può cioè essere ritenuta un fattore di educazione e di formazione, anche quando è colpita da fatti di tale gravità.
Atteso che alla base di questi ed altri comportamenti giovanili, sicuramente riprovevoli e perseguibili disciplinarmente, non ci può essere solo la responsabilità della istituzione scolastica, dovendosi collocare le ragioni nel contesto socio-culturale, in cui un posto di primo piano occupa la famiglia, occorre soffermarsi sulle risposte che ogni scuola in quanto comunità educante riesce a dare in queste circostanze.
Ancora oggi, i gradi quotidiani e tutti gli organi radio-televisivi di informazione parlano di sospensione per un anno dalle lezioni, di bocciatura garantita, di soddisfazione degli insegnanti, dei genitori, dei dirigenti scolastici, di direttori regionali e, persino, del Ministro della P.I. Fioroni.
Vorremmo essere sicuri dell’inesattezza di queste notizie, cioè, che anche quella della sospensione annuale sia frutto del clima che si crea intorno alla scuola quando diviene oggetto dei mass media e deve essere buttata in prima pagina, come tante volte è accaduto.
Le sospensioni per interi anni scolastici dovrebbero essere un triste ricordo della scuola italiana ormai considerata, non solo accademicamente, ma pure ufficialmente, una comunità educante fin dagli anni Settanta con l’irruzione della gestione collegiale e degli organi di democrazia scolastica.
È dalla stagione venuta fuori dalla trasformazione implementata dalle norme di gestione collegiale che si è incominciato a riconoscere la strumentalità della istituzione scolastica come una vera e propria comunità per la formazione integrale della personalità degli studenti anche attraverso la creazione di un’adeguata coscienza civica.
Già da quel momento è venuta meno, implicitamente, l’idea che nessuno studente potesse essere privato a lungo del suo diritto dell’esposizione all’istruzione, fondamento della sua formazione.
Da quel momento fino agli anni Novanta, più precisamente gli anni della seconda metà dell’ultimo decennio del secolo scorso, si è svolto un grande dibattito, tante volte acceso, per la pluralità dei soggetti coinvolti e delle posizioni in campo, che è sfociato nell’autonomia scolastica e nello statuto degli studenti e delle studentesse.
La prima molto…gettonata nei dibattiti della/sulla scuola, il secondo quasi sempre ignorato. Dell’autonomia ognuno si è riempito, e si riempie, la bocca ad ogni circostanza, dello statuto delle studentesse e degli studenti, quasi tutti ignorano l’esistenza.
Se la decisione della sospensione annuale inflitta dalla scuola è vera, e non deformata dai mass media, bisogna condividere le preoccupazioni di chi denuncia che la scuola italiana ancora non è riuscita a fare quel salto che da anni gli Italiani stanno sognando.
Non si tratta, ovviamente, di correre il rischio di essere considerati permissivi se diciamo che la punizione inflitta è sbagliata sotto più di una prospettiva, prime tra tutte quella giuridica e quella psico-sociale.
Lo “Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria”, adottato come regolamento dal DPR 24 giugno 1998 n. 249, in più di un punto, oltre che in quelli specifici, offre motivi per considerare le punizioni da infliggere in una luce nuova, diversa, e sicuramente più evoluta rispetto al passato.
“La scuola – è detto all’art. 1 – è luogo di formazione e di educazione mediante lo studio, l’acquisizione delle conoscenze e lo sviluppo della coscienza critica”. Già questa apertura del decreto basterebbe per capire che qualsiasi provvedimento disciplinare non può mai essere equiparato ad un azione di mera punizione che, per essere giusta, deve sempre essere equilibrata e mirare al recupero.
Non v’è chi non veda come possa recuperare un provvedimento che prevede l’allontanamento dalla struttura scolastica per un intero anno scolastico, un periodo che nella vita di un adolescente è sicuramente molto più lungo di quanto non sia per un adulto. Questo nel momento in cui in altre zone della nazione si è impegnati per recuperare l’assenteismo degli studenti.
Al Punto 2 dell’art. 4 del summentovato decreto del Presidente della Repubblica si legge testualmente che “I provvedimenti disciplinari hanno finalità educativa e tendono al rafforzamento del senso di responsabilità e al ripristino dei rapporti corretti all’interno della comunità scolastica”. Ancora, al Punto 5 che “Le sanzioni sono sempre temporanee, proporzionate alla infrazione disciplinare e ispirate, per quanto possibile, al principio della riparazione del danno. Esse tengono conto della situazione personale dello studente. Allo studente è sempre offerta la possibilità do convertirle in attività in favore della comunità scolastica”. Infine, al Punto 7 che “Il temporaneo allontanamento dello studente dal comunità scolastica può essere disposte solo in caso di gravi e reiterate infrazioni disciplinari, per periodo non superiori a quindici giorni”.
Fin qui lo Statuto delle studentesse e degli studenti che ogni istituto scolastico italiano dovrebbe, a distanza di otto anni, aver recepito nel proprio regolamento d’istituto, ove fino a quella data non avesse già adottato un suo regolamento attinente anche agli aspetti disciplinari degli alunni.
Fin qui per non dire delle potenzialità dell’autonomia scolastica in tutte le sue articolazioni e che, ove è stata attuata, da anni ha dato i suoi frutti attraverso l’adozione di un regolamento scolastico che ha previsto il ruolo delle punizioni disciplinari da infliggere agli studenti e le finalità che con esse la scuola, struttura portante della società educante, vuole raggiungere.
L’ottimismo, tuttavia, ci porta a credere che la notizia della punizione….esemplare, elogiata dallo stesso Ministro Fioroni, sia solo frutto di cattiva informazione.