In ogni ambito della Pubblica Amministrazione esistono clausole di salvaguardia destinate a tutelare i lavoratori già assunti antecedentemente ad ogni modifica contrattuale: tali interventi sono finalizzati a non penalizzare i diritti acquisiti di categorie di lavoratori, che possono contare su forme di tutela coerenti rispetto alle proprie necessità e su modalità di valorizzazione delle risorse interne, attraverso progressioni verticali destinate esclusivamente a chi fa parte da più anni delle amministrazioni.
Da questa tipologia di garanzie è stato estromesso inspiegabilmente il comparto scuola. Un’intera categoria di docenti è stata difatti danneggiata retroattivamente, essendo stati intaccati pesantemente i diritti acquisiti di migliaia di insegnanti che facevano già parte del sistema-scuola, e che si sono invece visti cancellare in modo incomprensibile anni di tutele contrattuali. Vittime di operazioni di mobilità territoriale regolata da un algoritmo che ha prodotto errori ancora non sanati, impossibilitati a produrre domande di conciliazione, i vecchi docenti di ruolo fuori provincia di residenza da anni, che hanno fatto enormi sacrifici in termini economici e affettivi, e che hanno assolto ampiamente al vincolo triennale, sono stati danneggiati su diritti costituzionalmente garantiti, come il diritto alla famiglia e alla libertà di circolazione sul territorio nazionale.
Uno scenario lesivo della dignità di migliaia di docenti che, anni orsono, hanno deciso di lavorare fuori provincia, certi di poter ritornare, potendo contare su regole codificate e in un contesto normativo definito, che garantiva il rientro sequenziale, in base al turn over e senza che il sistema si ingolfasse, o con le assegnazioni provvisorie in caso di classi di concorso più sature. Tali lavoratori, che non potevano preventivare in alcun modo i cambiamenti normativi previsti dalle L.107/2015, hanno subito un ulteriore svantaggio dall’intesa siglata tra MIUR e Sindacati, che ha previsto l’equiparazione del servizio preruolo con quello di ruolo. Questa misura ha implicato un iniquo reset dei sacrifici fatti da docenti da anni fuori sede e che hanno conseguito il ruolo per primi, a fronte di costi esistenziali enormi: docenti vincitori di concorsi e selezioni banditi dallo Stato, posizionati ai primi posti delle graduatorie ( GAE e GM) e penalizzati dall’attribuzione regionale di cattedre distanti dalle proprie province, e il cui merito viene di fatto disconosciuto. L’equiparazione del preruolo al ruolo ha messo sullo stesso piano insegnanti che hanno svolto tipologie di lavoro completamente differenti: i docenti immobilizzati hanno difatti prestato servizio intero, anche a migliaia di chilometri da casa, sostenendo costi notevoli, non potendosi accontentare di certo e per ovvi motivi di piccoli spezzoni come hanno potuto fare i colleghi rimasti in sede.
La disparità di trattamento di cui sono vittime i docenti immobilizzati è ogni anno più evidente.
Tutto ciò premesso e considerato, e al fine di espletare le nuove operazioni di mobilità all’insegna dell’equità e della certezza del diritto, i Docenti immobilizzati chiedono al MIUR e alle OO.SS.:
– un punteggio aggiuntivo per ogni anno di servizio effettivamente prestato fuori dalla provincia di residenza (3punti per ogni anno) come riconoscimento per aver garantito continuità e pubblico servizio in zone del nostro paese in debito di insegnanti, e come risarcimento per i disagi, le rinunce e i sacrifici fatti nel corso degli anni. Tale punteggio aggiuntivo sarebbe del tutto assimilabile a quanto viene previsto dall’attuale Tabella di Valutazione in merito al servizio svolto nelle piccole isole, che tiene conto dei disagi a cui vanno incontro i lavoratori della scuola che vi prestano servizio. Lavorare fuori provincia comporta difficoltà logistiche ed economiche notevoli, anche con gravi ripercussioni sul piano emotivo dei docenti coinvolti: occorre pertanto tenere in debita considerazione tali problematiche, con opportuni interventi di integrazione del punteggio.
– la possibilità di esprimere preferenze analitiche, ovvero istituzioni scolastiche specifiche, nel numero almeno di 5, oltre a comuni ed ambiti;
– la possibilità di usufruire dei posti residuali delle immissioni in ruolo, laddove le GAE e le GM siano esaurite o abbiano una carenza di personale, data l’ottica longitudinale della contrattazione in itinere e il rapporto fabbisogno/aspiranti. Tale possibilità si configurerebbe nella messa a disposizione di questa tipologia di posti per la mobilità territoriale e professionale.
– la destinazione del 50% di tutti i posti disponibili a mobilità territoriale e del 10% a mobilità professionale, con abolizione della fase provinciale ed interprovinciale, e la predisposizione di un’unica procedura di mobilità, gestita secondo il punteggio degli aspiranti, in modo da attuare un piano di rientro straordinario per tutti i docenti fuori sede di residenza che hanno subito gli errori dell’algoritmo e sono stati vittime di una macroscopica disparità di trattamento.
– la precedenza rispetto alla disposizione di nuove immissioni in ruolo: tale richiesta trova fondamento giuridico nell’art. 30, D. Lgs. 165/2001 c.2-bis. in cui si dice che le amministrazioni, prima di procedere all’espletamento di procedure concorsuali finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, debbano attivare le procedure di mobilità per la copertura del reale fabbisogno territoriale. Si chiede, inoltre, il rispetto del D. Lgs. 165/2001 (c.d. “Testo Unico del Pubblico Impiego) nel principio del previo esperimento di mobilità sulla totalità dei posti o quanto meno una soglia accettabile che non impedisca la libera circolazione sul territorio, garantendo l’attribuzione prioritaria del 50% dei posti disponibili ai trasferimenti e il 10% a mobilità professionale.
Docenti Immobilizzati
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