Con un documento approvato nel corso di una assemblea nazionale svoltasi domenica 7 maggio a Roma, i “Comitati per una buona scuola per la repubblica” sorti in questi anni in molte città italiane sottolineano il successo della campagna di sostegno alla proposta di legge di iniziativa popolare di riforma della scuola: anche se il tetto delle 50mila firme necessarie per poter depositare ufficialmente in Parlamento la proposta è stato già superato, il “Movimento” non è ancora soddisfatto e annuncia di voler arrivare a quota 100mila.
Ma il vero dato politico del documento è un altro: l’abrogazione, “senza se e senza ma”, della riforma Moratti resta l’obiettivo strategico del Movimento, ma si incomincia a fare un elenco di “provvedimenti urgenti” che il Governo dovrebbe adottare per dare un chiaro segnale di discontinuità rispetto alla politica scolastica della legislatura appena conclusa.
La prima richiesta del Movimento riguarda il tema degli organici in modo che sia garantito il funzionamento di tempo pieno e tempo prolungato e che vengano assegnati alle scuole insegnanti di sostegno, docenti di supporto agli alunni stranieri e facilitatori linguistici.
C’è poi la questione della copertura dei posti vacanti e della conseguente generalizzazione delle immissioni in ruolo del personale precario.
Ma si tratta, fin qui, di richieste che non rappresentano una novità.
Per la prima volta, però, il movimento chiede provvedimenti molto specifici, di carattere amministrativo, dando quindi per scontato che le norme che li sorreggono non possano essere abolite e modificate in tempi rapidi: in particolare la richiesta riguarda la revoca delle circolari ministeriali sul portfolio, sui “tests Invalsi” e sulla sperimentazione nella scuola superiore.
L’impressione è che il movimento stia iniziando a comprendere che l’abrogazione della legge 53 e dei decreti applicativi (sempre ammesso che il nuovo Governo intenda praticarla) richiederebbe tempi lunghi; e allora, insieme a questo obiettivo “strategico”, è indispensabile prevedere anche passaggi intermedi, magari meno clamorosi, ma del tutto necessari per evitare che, per un anno o due, in attesa che il Parlamento approvi una nuova legge, la riforma Moratti continui di fatto ad essere in vigore.
Stupisce tuttavia che fra le “revoche” richieste non vengano richiamati né gli anticipi (nella scuola dell’infanzia e in prima elementare) né i nuovi orari di funzionamento della scuola primaria (27 ore obbligatorie + 3 opzionali + 10 per la mensa) e neppure la “funzione tutoriale”.
Difficile dire se si tratta di semplice “dimenticanza” o di un ripensamento sulla strategia finora seguita. In ogni caso è indubbio che di qui in avanti il “Movimento” dovrà fare i conti con un nuovo contesto politico-istituzionale e dovrà in qualche modo interloquire concretamente con le organizzazioni sindacali e con le forze politiche.