Propongo una riflessione su un tema che mi sta molto a cuore e che viene invece puntualmente disatteso e svilito: l’etica. Il riferimento è alle tante scorciatoie che gli esimi colleghi educatori (perché gli insegnanti anche questo sono, e non meri trasmettitori di cultura) non esitano a intraprendere pur di arrivare all’agognato contratto a tempo indeterminato nello Stato, volgarmente detto “ruolo”. Da anni (esattamente 10) milito nella bistrattata e squalificata classe di concorso A052 (Latino, Greco e Materie Letterarie nei Licei Classici), inserito nella GAE relativa, e in questo lasso di tempo non trascurabile ho visto orde di colleghi con l’abilitazione nella detta classe di concorso, mortificati nell’immobilismo o peggio nel movimento a ritroso nella medesima, fare calcoli ragionieristicam ente impeccabili sulla rapidità di scorrimento della stessa e poi fiondarsi con manovre argute, sentito il parere sempre illuminante di sindacati vari, su classi di concorso affini (A043, A050, A051) e spesso sul sostegno facendo poi il celeberrimo e deleterio (per gli alunni, per i soggetti in questione, per la categoria tutta degli insegnanti) “salto della quaglia”.
In cosa consista è facile immaginarlo: ottenuto il posto di ruolo in una graduatoria che storicamente ha una scorrevolezza maggiore, in tempi rapidi (vien da dire quasi “appena guadagnata la pagnotta”) procedono a inoltrare domanda di salto di cattedra sulla classe di concorso tanto agognata e altrettanto intasata. Orbene, ferma restando la liceità di tale operazione da parte di chi ne ha titolo, ovvero di chi ha l’abilitazione richiesta, mi permetto sommessamente di notare come tale scorciatoia sia moralmente deprecabile, secondo il mio personalissimo punto di vista, per il semplice fatto che rivela un tota le disinteresse per la classe di concorso in cui si è ottenuto il posto di ruolo e la turpe volontà personalistica di speculare sulla pelle degli alunni che diventano in tal modo mezzo e non fine dell’agire scolastico ed educativo.
Certo, esiste la libertà di mobilità, ma questa non deve mai inficiare un reale interesse per gli alunni che si hanno si fronte. In tal modo, invece, essi risultano solo un riempitivo pro tempore, un palliativo in attesa che si apra il pertugio per fare il gran balzo.
Senza contare che chi è per così dire ordinatamente in fila, cioè nella graduatoria degli insegnamenti per cui tanto ha faticato e su cui si è specializzato con anni di pratica, si vede scavalcato a destra, a sinistra, sopra e sotto da arrivisti impenitenti; e non mi si dica che chi insegna Latino e Greco da dieci anni e chi per altrettanti ha militato su scuole medie, istituti tecnici e sostegno partono dallo stesso livello didattico per l’insegnamento del Latino e del Greco : chi lo dice, mente sapendo di mentire. “Fallo anche tu”, mi si potrebbe obiettare: mi dispiace, ma non riuscirei mai a sfruttare ragazzi presi a prestito per miei scopi personali e poi a piantarli in asso alla prima cattedra libera.
Auspicherei che il passaggio di ruolo da una classe di concorso all’altra fosse vincolato in maniera rigorosa e subordinato ad un iter piuttosto lungo, più di quello per la permanenza nella stessa provincia: diciamo 10 anni… In tal modo si avrebbe la prova di chi realmente si appassiona all’insegnamento e ai ragazzi e chi invece seguita a fare calcoli di carriera sulla pelle degli alunni, alla faccia dell’etica.
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