Chi di noi, da piccolo, non ha ricevuta una sculacciata da uno dei due genitori, magari dopo aver combinato una marachella?
Nel 2015, Papa Francesco, nel corso di un’udienza generale in Vaticano, ha parlato di educazione e schiaffi. Il Pontefice ha sottolineato come un padre non debba mai dare schiaffi ai figli sul volto. “lo dico sempre: mai sulla guancia, perché la guancia è dignità”.
In realtà, la Corte Costituzionale, nel 1996, si è espressa contro ogni forma di percossa nei confronti dei bambini. Per i giudici, dunque, genitori e docenti non possono percuotere il sedere dei bambini. In Svezia la pratica è vietata addirittura dal 1979, mentre la Francia è stata l’ultima dei paesi europei occidentali: soltanto nel 2017.
Prima della Francia, a mettersi in “regola” erano state la Mongolia, il Paraguay e la Slovenia. Fra i pionieri del “no alle botte” dopo la Svezia, c’era stata la Finlandia, nel 1983. Poi l’Irlanda, l’Austria, la Polonia, la Tunisia, il Lussemburgo, la Danimarca e tanti altri. Mancano gli Usa, il Canada, la Russia e il Regno Unito.
Al di là delle regole e dei divieti, però, sculacciare è ancora una pratica diffusa come metodo educativo. In Italia, secondo un’indagine del 2012 condotta da Save The Children, per un connazionale su quattro intervenire con un ceffone o giù di lì rappresenta una valida azione educativa.
Secondo una ricerca condotta dall’Università del Michigan è inutile: quasi il 55% degli intervistati ha riferito di essere stato sculacciato, gli uomini più delle donne, senza nessuna differenza di estrazione sociale. Chi è stato sculacciato è incorso a disturbi legati alla depressione, alla bassa autostima, insomma hanno conosciuto l’infelicità. L’equazione genitore felice uguale niente sculacciate vale? Sembrerebbe di sì. In Danimarca, ad esempio, lo stile adottato dai genitori è quello dell’autorevolezza e non dell’autoritarismo. Dunque sì alla sincerità, all’empatia e non agli ultimatum: evitare, quindi, prove di forza o anche troppi complimenti. E anche a scuola si impara a lavorare di gruppo: i bravi collaborano con quelli meno preparati; un modo per diventare più empatici e disponibili al confronto.
Gli educatori discutono tuttora su cosa sia meglio per i bambini. Se un tempo anche i più piccoli dovevano imparare a non lamentarsi e ad accettare ogni punizione senza lamentele, negli ultimi decenni l’infanzia ha ricevuto più tutele e più libertà di esprimersi con meno imposizioni. Attenzione, però, l’assenza di schiaffi ai bambini non significa obbligatoriamente mancanza di regole o di punizioni. Quello che ci sembra migliore, per adesso, è creare un sistema di premi e punizioni (non corporali), inserito in un contesto chiaro e comprensibile dal bambino. Tre sono gli errori da evitare: mercanteggiare la punizione; promettere e non mantenere; dare una punizione esagerata rispetto alla birbonata.
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