La Chiesa non è stata mai generosa di giudizi positivi nei riguardi di don Lorenzo Milani, prete ed educatore che ha speso tutta la sua vita per riscattare gli ultimi, dopo essersi fatto lui stesso ultimo. Lui che era primo, discendendo da una ricca e notabile famiglia fiorentina. Quasi un moderno San Francesco.
A San Donato prima, e poi a Barbiana, dove era stato relegato per tacere, don Milani creò una scuola fondata sul Vangelo, intesa come missione a cui si sentì chiamato.
Per lui la scuola non era uno dei mezzi, ma l’unico mezzo, che apriva le porte alla salvezza dell’anima. Era, perciò, scuola in cui si insegnava a vivere. Più che di istruzione ed intellettuale era una comunità di persone etica, morale e sociale.
Il suo pensiero e la sua opera, tuttavia, sono state fraintese in vita e in morte. La stessa Chiesa, più volte sollecitata ad esprimersi su questo prete/educatore che negli anni ’50 e ’60 aveva scosso dalle fondamenta le gerarchie ecclesiastiche e la scuola, non si è ancora tolta di dosso il peso dei condizionamenti ad essa derivanti dal fatto che don Milani aveva il vizio di parlare in maniera troppo schietta anche quando affrontava i temi della dottrina avendo presente solo, e soltanto, il Vangelo.
Guai a sperare, perciò, che venga avviato un processo di beatificazione. Il che qualche volta è stato sollecitato pure da responsabili delle gerarchie della Chiesa, come alcuni anni addietro aveva osato il cardinale Piovanelli, Arcivescovo di Firenze.
La Barbiana di don Lorenzo Milani è nome notissimo, sinonimo di scuola popolare, nel senso di essere destinata al popolo.
Vastissima è la trama delle iniziative di alfabetizzazione che facendo capo a parrocchie e a sacerdoti benemeriti hanno avuto vita in tanti anni, anche se non hanno avuto la diffusione che pure avrebbero meritato.
Recentemente il quotidiano Avvenire, organo se non ufficiale della Chiesa quale entità spirituale, ma di quella che sicuramente si ispira alle linee della Chiesa come organizzazione dettata dall’autorità delle gerarchie ecclesiastiche, avvia un’interessante iniziativa, che non passerà sottosilenzio. Tenta un primo inventario delle scuole, sia antiche, sia più recenti, che si sono ispirate al priore, nel quarantennio dalla morte.
Un spazio è stato aperto nel Forum del giornale, perché chiunque, per aver fatto esperienza diretta dello spirito che animava la scuola di don Milani, o se solo perché a conoscenza, possa socializzare le testimonianze o anche solo segnalarle.
Numerose e significative le testimonianze già pervenute: c’è chi arriva a dire che don Milani “dovrebbe essere venerato come santo”, chi paragona l’opera sociale, oltre che scolastica, di don Milani a quanto fa l’Opera don Guanella nel rione Scandia di Napoli.
Non mancano coloro che segnalano educatori che si sono ispirati al priore di Barbiana o che si sono trovati inconsapevolmente al suo fianco.
Non mancano neppure coloro che tra i motivi più significativi della sua scuola ricordano il “rapporto tra la scuola ed il lavoro”, uno dei capisaldi del suo pensiero formativo, chi paragona Barbiana ad una “scuola di pace”, chi attribuisce i risultati al fatto che il priore fosse prima di tutto “un uomo di cultura”.
Molti gli insegnanti, e gli ex insegnanti, che sottolineano come don Milani inculcasse “l’amore per la conoscenza, per la libertà, per la tolleranza verso i poveri e i meno dotati”.
Molti i nomi già segnalati nel forum. Tra gli altri don Tullio Pacini di Castellina in Chianti, don Pietro Berti dell’Isola d’Elba e don Luigi Meretti cappellano di Rocca San Casciano.
Un’iniziativa abbastanza produttiva di risultati anche in vista dell’evento del giugno 2007, il quarantennale della morte del priore e della ‘Lettera a una professoressa’.