Oltre la metà delle scuole italiane sono vecchie: hanno più di 45 anni. Una percentuale minore, ma non residua, ha oltre un secolo di vita. A ricordarlo è un report dell'”Osservatorio Povertà educativa minorile #conibambini” che, insieme ad Openpolis, sta realizzando un focus sullo stato dell’edilizia scolastica in vista del rientro degli studenti nelle scuole a settembre poiché le regole di distanziamento fisico imposte dall’emergenza Coronavirus obbligano ad un diverso utilizzo degli spazi dove svolgere lezione.
Il problema, quindi, non è quello di fermarsi alle opere di edilizia leggera, simili a quelle che si stanno adottando per adattare gli spazi alle esigenze del distanziamento fisico voluto da esperti e virologi.
Ebbene, secondo il report molti edifici scolastici italiani hanno almeno 100 anni di vita, in particolare in Liguria (20%) e Piemonte (16%). Attorno al 10% del patrimonio edilizio scolastico è stato costruito prima del 1920 in Lombardia, Valle d’Aosta, Emilia-Romagna, Toscana e Friuli Venezia Giulia.
In Puglia, Molise, Calabria e Sardegna, circa la metà delle scuole sono state costruite dopo il 1976.
La regione con minor presenza di edifici costruiti dopo il ’76 è la Liguria (23%).
Inoltre, 1 edificio su 4 non è stato costruito per essere una scuola, ma riadattato successivamente, soprattutto in Campania, Emilia-Romagna, Umbria, Calabria, Lazio, Liguria e Puglia.
Le regioni dove incide maggiormente la presenza di edilizia scolastica post 1976 sono Puglia, Molise, Calabria e Sardegna. In questi territori circa la metà del patrimonio di edilizia scolastica è stato costruito negli ultimi 45 anni.
Le regioni con minor presenza di edifici costruiti dopo il ’76 sono Liguria (23%), Veneto (20%) e Piemonte (7%). Nel caso di Piemonte e Veneto però incide anche l’alta quota di edifici per cui questa informazione non è disponibile: 36% in Veneto, 58% in Piemonte. La quota di edifici costruiti dopo il 1976 è più bassa soprattutto nelle città principali, dove i servizi scolastici si sono sviluppati storicamente prima.
Altro aspetto, secondo i dati elaborato da Con i Bambini e Openpolis, circa il 77% degli edifici scolastici è stato costruito già con questa funzione, mentre quasi un edificio su 4 (23%) è stato riadattato solo inseguito per un uso scolastico.
Anche in questo caso le percentuali variano molto da regione a regione. Si trovano infatti al di sotto della media nazionale Campania (61% di edifici costruiti appositamente per uso scolastico), Emilia-Romagna (69%), Umbria e Calabria (70%), Lazio (73%), Liguria e Puglia (75%). Oltre l’85% degli edifici era concepito per un uso scolastico già al momento della costruzione in Abruzzo, Sardegna, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Molise.
“Siamo davanti a una emergenza, ma anche a una grande opportunità: ripensare lo sviluppo del paese mettendo realmente al centro i minori e promuovendo comunità educanti – ha detto Carlo Borgomeo, presidente di ‘Con i Bambini’ – .La scuola è un fattore centrale in questo processo, anche se non l’unico. Abbiamo una edilizia scolastica vecchia, come anno di costruzione, ma non è da meno il modello educativo per il quale sono stati progettati gli edifici o, peggio, sono stati riconvertiti”.
“Penso invece al Centro educativo di Mirto a Partinico, voluto da Danilo Dolci e ideato con gli stessi ragazzi e abitanti a metà anni ’70, con aule e spazi a misura di bambino e pensati per una didattica innovativa. Dopo 45 anni, però, quell’approccio è considerato ancora ‘nuovo’ e non è diventato esperienza diffusa nel paese”.
Parlando oggi alla Camera, la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina durante una informativa urgente sulla scuola, ha affrontato anche il tema dell’edilizia scolastica.
Annunciando che la scuola reperirà una parte dei fondi europei del Recovery Fund, la ministra ha detto che si tratta “di un’opportunità irripetibile che dovremo saper sfruttare, con la collaborazione di tutti. Dovremo investire nell’edilizia scolastica, per un Piano pluriennale destinato ad ammodernare gli edifici scolastici già esistenti e a costruirne di nuovi, per la creazione di ambienti innovativi di apprendimento”.
L’altro capitolo di spesa indicato dalla titolare del ministero dell’Istruzione destinataria dei fondi del Recovery Fund è quella della cancellazione delle classi pollaio.
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