Ho letto con interesse, come sempre d’altronde, un articolo pubblicato da Tecnica della Scuola e avverto il dovere civico di riprenderlo come farebbe un “correttore di bozze”.
L’articolo ” Scuole private, continua lo sfruttamento dei docenti” contiene, da un lato, un errore di fondo dovuto a “profonda ignoranza” (nel senso etimologico di non conoscenza) dell’articolista; contemporaneamente, evidenzia un cancro maligno che – fino ad oggi – lo Stato, e in particolare il Ministero dell’Istruzione, quello delle Finanze e gli Organi deputati a perseguire certi reati (nello specifico: GdF e CC) non hanno voluto debellare. Evidentemente, ci sono motivi per cui non vogliono. Speriamo che si decidano a volere come parrebbe dagli annunciati controlli. Purtroppo i bei servizi di Striscia cadono troppo spesso nel dimenticatoio… Ci auguriamo che non ci siano connivenze anche là! Se anche a Striscia imboscano, siamo fritti… chi ci resta, in Italia, dopo Striscia?….Dobbiamo proprio dedurre questo?
Ma vediamo l’errore di fondo dovuto a ignoranza.
In Italia, dal 2000 – per la precisione dalla Legge 62 del marzo 2000 -, per “Scuola” si intendono le istituzioni appartenenti al Servizio Nazionale di Istruzione, che comprende le Scuole Pubbliche, cioè quelle che erogano un servizio pubblico, che significa verso tutti. Queste Scuole sono di due razze: a) scuole pubbliche statali e b) scuole pubbliche paritarie.
Si chiarifica il concetto di servizio pubblico con un esempio: il SSN (Sistema Sanitario Nazionale) eroga un servizio pubblico, cioè per tutti, attraverso strutture gestite sia dallo Stato, sia da Enti e Associazioni private, accreditate e convenzionate. Ovviamente le une e le altre sono sottoposte a controlli seri e severi. Proprio qualche giorno fa un membro di una commissione ispettiva della ASL di una grande città del Nord Italia affermava che i loro controlli nelle Case di riposo sono efficacissimi e lodava la competenza massima degli uomini e delle donne dei NAS che collaborano con le ispezioni.
Dunque, con il termine ”servizio pubblico” non si intende solo “servizio gestito dallo Stato”, ma “servizio per tutti i cittadini” che può essere erogato dallo Stato o da Enti accreditati e convenzionati, mediante l’attribuzione di un costo standard per il servizio.
Per l’Istruzione, in Italia, la situazione è, dal punto di vista normativo, molto simile: con la L. 62/2000 il servizio nazionale è erogato da scuole pubbliche statali e scuole pubbliche paritarie, queste ultime accreditate sulla base di requisiti molto seri (talvolta non presenti neppure nelle scuole pubbliche statali), ma non ancora convenzionate – se non parzialmente per le scuole primarie, e comunque per una cifra irrisoria a fronte dei 7 miliardi di euro che attualmente ogni anno lo Stato risparmia per la loro presenza – in quanto nel sistema italiano non esiste un costo standard per alunno, che consentirebbe a) alla famiglia la libertà di scelta educativa (così come per la Sanità ha la libertà di scelta su dove curarsi) presente in tutta Europa, e b) allo Stato un risparmio complessivo di 17 miliardi di euro all’anno.
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Dunque il termine “scuola privata” non è applicabile alle scuole paritarie, pena l’auto-certificazione di ignoranza crassa da parte di chi lo fa.
Vediamo ora il cancro, maligno ma ancora curabile chirurgicamente.
Nell’ambito delle Scuole pubbliche paritarie, che erogano il servizio di istruzione al 12% della popolazione scolastica nazionale – a fronte di una spesa in convenzione parziale, come detto sopra, di 500 mln di euro annui contro i 56 miliardi di euro spesi dallo Stato per le Scuole pubbliche statali -, c’è lo 0,5% di scuole “pseudo-paritarie” che, con intrallazzi specifici, si comportano come da video di Striscia.
Non solo, aggiungiamo che – oltre a non pagare i docenti secondo il diritto, falsificano i registri dei voti e degli scrutini, inventano i nomi degli alunni, e ricostruiscono abilmente tutto il complesso intreccio della burocrazia scolastica. Perché i gestori di queste “scuole pseudo-paritarie” la conoscono bene. Troppo bene.
Chissà perché. Dunque, questo 0,5% deve essere raso al suolo. Anzi, meriterebbe una class action per danni morali da parte del 99,5% delle scuole paritarie serie, che lavorano duro, e dal cui buon esempio in ambito didattico è scaturita la L. 107/2015 sulla buona scuola.
Un alto dirigente, ex alunno dalla scuola dell’Infanzia di una scuola paritaria, stretto collaboratore di un passato ministro dell’Istruzione, dichiarò che la Riforma scolastica era stata fatta tenendo presenti le buone pratiche delle scuole pubbliche paritarie italiane.
Queste ultime sono pronte ai controlli, li desiderano, li auspicano. Ma la soluzione resta il costo standard di sostenibilità per alunno (individuato nel saggio “Il diritto di apprendere. Nuove linee di investimento. Ed. Giappicchelli 27.10.2015) bone scuole pubbliche statali e pubbliche paritarie saranno scelte dai genitori. Delle altre, qualora ne fossero sopravvissute alle ruspe che si spera verranno, si dovrà solo dire: “Non ti curar di lor, ma guarda e passa” (Dante).
Chi desidera una Buona Scuola Pubblica Statale e Paritaria in libera scelta con un risparmio per lo Stato Italiano di 17miliardi di euro legga quel saggio ed io ci sono non mollo, altrimenti saremo destinati ad una Buona Scuola Unica (allora saremmo in un regime).
L’autore dell’articolo è Anna Monia Alfieri, presidente della Fidae Lombardia. Si definisce in questo modo: “sono gestore e rappresentante di scuole paritarie serie e soprattutto rifuggo le sterili contrapposizioni dai luoghi comuni che non fanno bene alla nostra Res-Publica”.
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