La vera, unica, autentica insegnante di ‘scrittura creativa’ è la maestra delle scuole elementari: lei ti insegnava che V è come Volpe.
Ma scuole di scrittura creativa- scrive Linkiesta.it, “ce ne sono di ogni genere, gestite da brava gente, da scrittori che – chissà come chissà perché – presumono di poter insegnare qualcosa a qualcuno, mentre la scrittura è il regno dell’ignoto, del rischio, di un verbo che può mandare all’aria un’esistenza”.
“Le scuole di scrittura sbucano ovunque, come le slot machine nella sala oscura di un bar di periferia. E gli scrittori – notoriamente poveri in canna – fanno la gara ad avere una cattedra, una poltrona, una seggiola almeno”.
”A corso concluso il tuo progetto potrà diventare un Libro!”, così ipnotizzano gli aspiranti scrittori” e visto che “il denaro puzza e gli scrittori sanno come raccontarlo, di solito alle scuole di scrittura c’è l’obbligo di frequenza e doverose borse di studio. Domandina petulante: ma le scuole di scrittura non potrebbero nascere dentro le Università statali, a gratis? Altra domandina petulante: a cosa servono tutte queste auree scuole gestite da scrivani con l’aureola? A nulla. Anzi, no. Il mio ex allievo – uno dritto – ha capito tutto. Servono a conoscere gente. Si paga per diventare amico dell’editor o dello scrittore ben introdotto negli intestini dell’editore forte. Per lavorare bisogna avere degli amici. Per pubblicare bene bisogna avere dei padrini. Tanto, una puttanata in più o in meno in libreria, chi se ne accorge?”
“La dura verità- conclude Linkiesta- dei fatti è che, quanto a scrittura, siamo tutti analfabeti. Si è poeti “solo nel momento in cui si danno gli ultimi tocchi a una poesia nuova. Un attimo prima si era ancora e soltanto un poeta in partenza; un attimo dopo si è uno che ha smesso di fare poesia, forse per sempre”.
Questo è Wystan H. Auden. Un poeta geniale.
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