La “programmazione dell’azione educativa” del Collegio dei Docenti è l’architrave su cui è stata edificata la scheda nazionale di valutazione del colloquio dell’esame di Stato.
Le scuole, che da sempre eludono le norme e le direttive ministeriali, sono richiamate all’ordine.
Per giustificare l’addebito si circoscrive il campo del problema.
La dizione “azione educativa” definisce la natura tecnica del mandato conferito all’organismo collegiale degli insegnanti: il Piano Triennale dell’Offerta Formativa specifica i traguardi formativi delle singole scuole, il Collegio elabora e gestisce i processi per il relativo conseguimento.
La griglia di valutazione ministeriale ha come oggetto sia l’aspetto strategico, sia quello tecnico-operativo.
Cinque sono i livelli del controllo: il primo riguarda i “contenuti e metodi delle diverse discipline”, gli altri quattro sono relativi alle capacità dei maturandi.
Ecco apparire due vincoli, cui il Collegio deve sottostare.
Il primo riguarda gli insegnamenti che, unitariamente, devono essere orientati alla promozione e al consolidamento delle qualità degli studenti.
Il secondo afferisce alla dilatazione del significato di disciplina: le conoscenze sono da affiancare ai problemi di cui sono la soluzione e ai metodi di ricerca necessari.
Quanti Collegi dei docenti hanno “Valutato periodicamente l’andamento complessivo dell’azione didattica per verificarne l’efficacia in rapporto agli orientamenti e agli obiettivi programmati, proponendo, ove necessario, opportune misure per il miglioramento dell’attività scolastica”? [DLgs 297/94].
Quanti Collegi dei docenti hanno ottemperato alle indicazioni ministeriali relative alla “Valorizzazione della pratica dei metodi di indagine propri dei diversi ambiti disciplinari”, alla sollecitazione della “Consapevolezza delle diversità dei metodi utilizzati dai vai ambiti disciplinari” e del “Riconoscimento dei criteri scientifici di affidabilità delle conoscenze”?
Enrico Maranzana
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