I docenti tornano a scuola. L’italiano medio ha di che essere soddisfatto. Tanti insegnanti, per tutta l’estate, come ogni anno, si sono sentiti ripetere la solita solfa, a base di «Beato te!», di «Quanto vorrei essere al tuo posto!», e via esclamando.
Nessun italiota (o quasi) pensa alle innumerevoli difficoltà dell’insegnamento, alla fatica fisica e mentale di chi si occupa di menti in formazione, di chi si carica dei loro problemi, con responsabilità civili e penali che farebbero impallidire chiunque.
Nessuno ricorda che in realtà le ferie degli insegnanti assommano a 36 giorni lavorativi, e che quasi tutti i professori delle Superiori tribolano fino a metà luglio con gli Esami di Stato.
Non sa e non vuole sapere, l’italiota medio, che il primo di settembre tutti i docenti sono in servizio a scuola, e che dunque nessun docente potrà mai prenotare le vacanze in un periodo diverso da quello che va dal 20 luglio al 31 agosto: il periodo più caro e più affollato in tutte le località turistiche; il periodo in cui, tra l’altro, è più facile imbattersi nella cafonaggine di chi non rispetta il prossimo e di chi sgomita in spiaggia come fa d’inverno sull’autobus. Una cafonaggine carica di quella crassa ignoranza che è contenta di sé e che si bea della propria volgarità e dei propri bassi ed esibiti istinti. Basti vedere, per farsene un’idea, alcuni filmati estivi che hanno spopolato sui social media in agosto, e che danno del nostro popolo un’immagine devastante, facendo capire che di Scuola la nostra povera opulenta Italia del terzo millennio ha bisogno come dell’aria che respira.
Professori e maestri (in gran parte donne, che in casa si fanno carico anche della propria famiglia), a fine anno sono sfiniti perché si occupano di persone, e non di prodotti. Le persone (specie se giovanissime) non possono esser trattate con indifferenza. L’insegnante, anche il più distratto, non può ignorare il dolore di cui spesso questi giovanissimi sono portatori. In una classe esiste una grande varietà di situazioni familiari, sociali, economiche, psicologiche. Il docente sa, osserva, sente; anche quando non vorrebbe, non può fare a meno di pensare, di cercare soluzioni. Tutto questo stanca, logora, tormenta.
E poi ci sono i rapporti con i genitori: rapporti sempre più difficili, perché troppo spesso conflittuali (come i fatti dello scorso anno scolastico hanno ampiamente dimostrato). E non tutti i Dirigenti Scolastici son rispettosi della dignità professionale ed umana dei docenti; alcuni abusano dei già grandi poteri conferiti loro dalla Legge 107/2015 (“Buona Scuola”).
Ogni insegnante ogni giorno vive tutto ciò, confrontandosi con l’esiguità del proprio stipendio, con l’insufficienza delle risorse messe a disposizione della didattica, con la fatiscenza e lo squallore di troppi edifici scolastici, con l’ostilità di un Paese intero, che dopo 30 anni di campagne diffamatorie contro i docenti sembra avere ormai dei docenti stessi esattamente l’immagine che le campagne diffamatorie hanno costruito.
Chi parla senza sapere è solito blaterare che in Italia i docenti lavorano meno che altrove. Dicono il falso. Basti fare un solo esempio: quello della “virtuosa” Germania, dove i docenti hanno 16 ore effettive di insegnamento frontale (contro le nostre 18), e 12 settimane complessive annuali di sospensione delle attività didattiche: 6 settimane in estate, 2 in autunno, 3 a Natale, una a Pasqua. In Italia, alle Superiori, le settimane annuali di sospensione delle attività didattiche sono solo nove (sei in estate, due a Natale, una scarsa a Pasqua)! Inoltre, la vera differenza con i colleghi tedeschi, è lo stipendio, che per loro è doppio, e del quale essi giustamente si lamentano, perché lo considerano inadeguato alla loro professionalità!
Le settimane di vacanze estive (senza considerare quelle degli altri periodi) sono 13 in Portogallo, Bulgaria, Spagna, Irlanda, Slovenia, Bosnia, Croazia, Montenegro, Turchia, Macedonia, Ucraina, Romania, Russia, Lettonia, Lituania. 11 settimane in Islanda, Grecia, Finlandia, Serbia, Svezia, Ungheria, Polonia.
Pochi italioti lo sanno, ma molti insegnanti lavorano negli ospedali, con adolescenti gravemente malati. Li vedono soffrire, li accompagnano nel cunicolo buio della morte, mano nella mano. Perché non sono impiegati: sono Docenti.
Molti insegnanti lavorano nelle carceri, per dare un’ultima opportunità di riscatto a chi ha sprecato tutte le altre delinquendo, ed ora vuole cambiar vita. Perché non sono persone che hanno scelto la Scuola per riposarsi: sono Docenti.
Se questo Paese vuol tornare davvero ad essere degno della propria storia, deve partire dal rispetto per i propri insegnanti. E deve rinunciare a risparmiare sulla loro pelle col farli andare in pensione a 68 anni. Dopo i 60 anni nessuno può restare in cattedra, perché ha già dato tutto alla società senza ricevere neppure un “grazie”. I ringraziamenti (ancorché auspicabili) non sono un diritto dei docenti; il riposo certamente sì.
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