Le università americane di Yale e Harward hanno annunciato di non aderire più al sistema delle classifiche che stabiliscono quali sono le migliori della nazione: le valutazioni sono inaffidabili, dicono.
E la polemica non sembra nata da poco, anzi, scrive il New York Times, già nei decenni scorsi, college e università hanno avanzato critiche al sistema di classificazione definendolo “inaffidabile” perché “distorceva le priorità educative, ma raramente avevano preso provvedimenti per contrastarlo”.
In modo particolare le facoltà di Legge di Yale e Harvard hanno annunciato che non collaboreranno più, perchè sarebbe stata utilizzata “una metodologia che avrebbe svalutato gli sforzi delle scuole per reclutare studenti poveri e della classe operaia, fornire aiuti finanziari in base alle necessità e incoraggiare gli studenti di legge ad accettare una bassa retribuzione dopo la laurea”.
Anche per le università italiana sarebbero in fibrillazione perché sarebbero adottate anche da noi una “serie di indici caratteristici” non idonei a stabilire classifiche i cui parametri puntato a definire quali siano le migliori università e, quindi, le più appetibili e consigliabili sul mercato dell’istruzione.
Molte di queste classifiche considerano il punteggio finale come combinazione di parametri di ricchezza dell’ateneo, eccellenza nella ricerca o la reputazione internazionale, la selettività e le opinioni degli stessi studenti. Tra i principali enti certificatori c’è il Censis e il Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Su questa base, nel 2021 secondo il Censis al primo posto c’era l’Università Bocconi di Milano e al secondo la Luiss di Confindustria e al terzo la Lumsa con al quarto l’Università di Bologna seguita da Perugia, Trento, Udine, Padova. Al nono posto La Sapienza di Roma mentre tra le private ai primi quattro posti si trovavano Luiss, Lumsa, Iulm e la Benincasa di Napoli.
Ma tutto dipenderebbe da chi certifica e cosa, tant’è che sia Yale sia Harward sperano che alla loro iniziativa si aggreghino altri atenei e scuole, in modo da rivelarsi determinante per imprimere un cambiamento di rotta al sistema delle valutazioni e delle classifiche che in America sono comunque molto radicate nella cultura dell’istruzione superiore.
Anche perché i futuri studenti universitari, fa notare il New York Times, hanno ben pochi altri modi, apparentemente obiettivi e basati sui dati significativi, per giudicare le scuole da scegliere.
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