In attesa dell’udienza del Consiglio di Stato in merito all’annullamento del concorso per dirigenti scolastici 2017, decretato dal TAR Lazio in data 2 luglio 2019, la questione giuridica sta assumendo dei risvolti critici e clamorosi in palese contrasto con i principi costituzionali.
In un comunicato diramato dal segretario della UIL – Pino Turi – si legge che “la burocrazia e le procedure non possono andare contro il buon senso … se le procedure amministrative giudiziarie non fossero superabili dalla prassi il ministro e il governo sono invitati ad agire legislativamente anche in virtù dell’annunciato decreto legge che dovrebbe essere presentato a breve”.
Simili enunciati sono stati diffusi dalle altre sigle sindacali.
L’attuale crisi di governo non scema la gravità della questione, la quale assume contorni ancora più preoccupanti e non soltanto per l’incertezza legata all’individuazione del successore di Bussetti. Infatti, da più parti, sigle sindacali in difesa dei vincitori, scontenti delle sedi assegnate fuori dalla regione di appartenenza, reclamano diritti inesistenti, mobilità straordinarie, scorrimenti di graduatorie sui generis, al precipuo scopo di ottenere il conferimento di un incarico in prossimità delle località di residenza.
Sorprendono tali richieste e desiderata, se si combinano con l’assoluto ed inspiegabile silenzio serbato in ordine alla tematica dell’annullamento del concorso statuito dal Tar e sospeso dal Cds, esclusivamente in forza di un interesse pubblico alla copertura delle sedi entro l’inizio dell’anno scolastico.
Da un lato, senza ombra di dubbio, sembra destare preoccupazioni il pronunciamento dei giudici di Palazzo Spada, in quanto, se il Consiglio di Stato dovesse sposare la tesi del Tar Lazio, il concorso dirigenti scolastici sarebbe annullato in modo definitivo con i docenti dichiarati vincitori che vedrebbero sfumare il loro diritto di diventare dirigenti scolastici.
Dall’altro, si tende a salvaguardare un presunto diritto alla sede migliore, dimenticando la natura dell’interesse sotteso alla disposta sospensiva.
In sostanza i sindacati, in ossequio alle esigenze del MIUR, senza mai citare l’annullamento in maniera esplicita, cercano di giocare d’anticipo per trovare i rimedi per legittimare le posizioni di tutti i candidati inseriti nella graduatoria del concorso, superando così gli effetti del vizio di legittimità individuato dai giudici amministrativi di primo grado.
Ed allora si fa strada l’ipotesi di una sanatoria ex post per via legislativa, in spregio alle più elementari norme di diritto vigenti in un uno Stato di diritto democratico. Si ricorda, per statuizione giuridica, che lo Stato di diritto è inteso quale insieme di principi, norme e procedure che, regolando gli ambiti e le modalità di esercizio del potere, garantiscono uno spazio vitale di tutela, difesa e salvaguardia del cittadino, inattaccabile anche da parte di chi detenga il potere stesso.
È manifesto allora che se il Governo dovesse deliberare il decreto legge “salva-vincitori” si violerebbe il principio di diritto sancito dalla nostra Carta Costituzionale e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo poiché verrebbe adottato un provvedimento normativo di urgenza diretto ad influire su di un procedimento giurisdizionale in corso, non concluso, senza che detto intervento sia sorretto dai presupposti fattuali e giustificativi di necessità e di urgenza.
In buona sostanza ne deriverebbe un inammissibile “vulnus” di quei diritti che ai ricorrenti sono stati riconosciuti dalla pronuncia di annullamento del concorso disposta dal TAR per le manifeste irregolarità evidenziate nei ricorsi amministrativi. Dalle due sentenze gemelle ne sono scaturiti, infatti, quali effetti giuridici, la piena uguaglianza sostanziale di tutti i docenti che hanno superato la fase preselettiva.
Parimenti, attraverso un’analisi circostanziata dei fatti, si ricorda a tutte le sigle sindacali che fino all’emanazione della sentenza di merito da parte del giudice d’appello, gli effetti del provvedimento di accoglimento della sospensiva sono provvisori e, pertanto, le nomine dei vincitori non definitive, sono disposte con riserva.
È doveroso affermare ancora che l’accoglimento prima facie della domanda cautelare da una parte non pregiudica la libertà del giudice nel merito della materia del contendere e dall’altra non impedisce al Tribunale, nel caso in cui ciò fosse necessario, di riesaminare nel merito tutti i ricorsi pendenti in primo grado, con la conseguenza che le nuove censure con gli stessi proposte, potrebbero far scaturire una nuova pronuncia di annullamento dell’intera procedura concorsuale.
L’analisi esposta sopra conduce alle seguenti riflessioni:
• È possibile rendere legittima, attraverso lo strumento del decreto legge e solo per i candidati collocati in graduatoria, una procedura amministrativa a tutt’oggi dichiarata illegittima?
• Si può considerare tamquam non esset una sentenza di annullamento emessa dal TAR?
• Il tanto agognato interesse pubblico può costituire presupposto giuridico per bypassare il potere giudiziario?
• È corretto parlare di sanatoria ante tempus stante la pendenza del giudizio nel merito innanzi al Consiglio di Stato?
È bene precisare che l’utilizzo della forma giuridica della decretazione d’urgenza o et similia, al solo scopo di sanare una procedura amministrativa allo stato dei fatti contraddistinta da numerose irregolarità, anomalie e violazioni, costituirebbe l’incipit e il preludio per incanalare la controversia finanche nell’architettura giudiziaria europea.
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