La legge 104/92 è senza dubbio fra le più criticate, date le vicende di abusi e frodi legati ai permessi per lavoratori con familiari disabili.
Ci sono alcuni aspetti che però non sono molto conosciuti e rappresentano casi molto frequenti di lavoratori pubblici, quindi anche molti insegnanti, che vorrebbero capire meglio come funzionano i permessi stabiliti dalla legge.
Bisogna sapere infatti, fra le varie casistiche, che è consentita la fruizione dei benefici per assistere familiari disabili anche nel caso in cui all’interno dello stesso nucleo familiare sia presente un fratello o un altro parente disoccupato.
Infatti, la circolare Inps n.90 del 23 maggio 2007, si riferisce proprio a questi casi, alla luce della sentenza della Corte di Cassazione, sezione Lavoro, del 2003, che stabilisce: “essendo presupposto del diritto la circostanza che il portatore di handicap non sia ricoverato a tempo pieno, è presumibile che, durante l’orario di lavoro di chi presta l’assistenza e può fruire dei permessi, all’assistenza provveda altra persona presente in famiglia ed è ragionevole il bisogno di questa di fruire di tre giorni di libertà, coincidenti con la fruizione dei permessi retribuiti del lavoratore. Il criterio è analogo a quello previsto per i genitori di portatori di handicap, regolato nel medesimo articolo, per i quali la circostanza che uno di essi non lavori, e quindi possa prestare assistenza, non esclude il diritto ai permessi retribuiti. Si deve concludere che né la lettera, né la ratio della legge escludono il diritto ai permessi retribuiti in caso di presenza in famiglia di persona che possa provvedere all’assistenza”.
Pertanto, la circolare ha sancito chiaramente, rivedendo i precedenti criteri, che anche nel caso di un familiare disoccupato all’interno dello stesso nucleo familiare della persona bisognosa di assistenza, il lavoratore facente parte del nucleo può beneficiare dei vantaggi della legge 104/92.
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Ecco i nuovi criteri in seguito alla sentenza della Cassazione:
1. che a nulla rilevi che nell’ambito del nucleo familiare della persona con disabilità in situazione di gravità si trovino conviventi familiari non lavoratori idonei a fornire l’aiuto necessario;
2. che la persona con disabilità in situazione di gravità – ovvero il suo amministratore di sostegno ovvero il suo tutore legale – possa liberamente effettuare la scelta su chi, all’interno della stessa famiglia, debba prestare l’assistenza prevista dai termini di legge;
3. che tale assistenza non debba essere necessariamente quotidiana, purché assuma i caratteri della sistematicità e dell’adeguatezza rispetto alle concrete esigenze della persona con disabilità in situazione di gravità;
4. che i benefici previsti dai commi 2 e 3 si debbano riconoscere altresì a quei lavoratori che – pur risiedendo o lavorando in luoghi anche distanti da quello in cui risiede di fatto la persona con disabilità in situazione di gravità (come, per esempio, nel caso del personale di volo delle linee aeree, del personale viaggiante delle ferrovie o dei marittimi) – offrano allo stesso un’assistenza sistematica ed adeguata, stante impregiudicato il potere organizzativo del datore di lavoro, non attenendo la fruizione dei benefici de quo all’esercizio di un diritto potestativo del lavoratore. A tal fine, in sede di richiesta dei benefici ex art. 33 della legge 104/92, sarà prodotto un “Programma di assistenza” a firma congiunta del lavoratore richiedente e della persona con disabilità in situazione di gravità che dell’assistenza si giova – ovvero del suo amministratore di sostegno ovvero del suo tutore legale –, sulla cui eventuale valutazione di congruità medico legale si esprimerà il dirigente responsabile del Centro medico legale della sede INPS competente;
5. che il requisito dell’esclusività della stessa non si debba far coincidere con l’assenza di qualsiasi altra forma di assistenza pubblica o privata, essendo compatibile con la fruizione dei benefici in questione il ricorso alle strutture pubbliche, al cosiddetto “non profit” ed a personale badante;
6. che, per esplicita previsione legislativa, non dia titolo ai benefici il solo caso del ricovero a tempo pieno, per ciò intendendosi il ricovero per le intere ventiquattro ore;
7. che al caso di cui al punto precedente, faccia eccezione quello rappresentato dal ricovero a tempo pieno, finalizzato ad un intervento chirurgico oppure a scopo riabilitativo, di un bambino di età inferiore ai tre anni con disabilità in situazione di gravità, per il quale risulti documentato dai sanitari della struttura ospedaliera il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare (parente o affine entro il 3° grado) nonché, su valutazione del dirigente responsabile del Centro medico legale della Sede INPS, quello della persona con disabilità in situazione di gravità in coma vigile e/o in situazione terminale, contesti questi assimilabili al piccolo minore;
8. che l’accettazione da parte del portatore di handicap in situazione di gravità dell’assistenza continuativa ed esclusiva offerta dal familiare possa rientrare tra le fattispecie previste dal T.U. n.445/2000 sulla documentazione amministrativa per la cui prova è ammessa dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà;
9. che rimanga impregiudicato il diritto/dovere della Pubblica Amministrazione di verificare sia la veridicità della dichiarazione di cui sopra e di quanto dichiarato dal lavoratore nel modello di domanda sia, in caso di disabilità in situazione di gravità “temporaneamente concesso” dalla Commissione medica ex art. 4 della medesima legge 104/92, il permanere del diritto a fruire i suddetti benefici in capo al lavoratore che ne abbia richiesto l’attribuzione.
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