Abbiamo scritto dei trasferimenti della scuola primaria, dove secondo i dati ministeriali, oltre il 50% dei trasferimenti verso il Sud sono andati a buon fine grazie all’uso della legge 104.
Molte sono già le polemiche, ma come stanno esattamente le cose? A chi spetta il trasferimento utilizzando la legge 104, sull’assistenza ad un parente disabile?
Iniziamo col dire che l’articolo 33 della legge 104/1992, al comma 5, stabilisce che “il lavoratore che assiste un familiare con handicap in situazione di gravità ha il diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.
A beneficiare sono i lavoratori dipendenti, pubblici o privati, che assistono una persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, scrive il sito specializzato StudioCataldi.it.
Per quanto riguarda il diritto di scelta e di non trasferimento, la legge numero 53/2000 ha eliminato il requisito prima richiesto della convivenza con la persona da assistere, ma risulta indispensabile la certificazione di portatore di handicap grave e, altro requisito, non essere ricoverato a tempo pieno.
In tal senso, la normativa prende spunto dalla Corte della Cassazione e dalle sue sentenze, come quella numero 23526/2006 che ha affermato che il lavoratore pubblico che accetta un posto di lavoro fuori dalla propria sede, non può rivendicare in via prioritaria il diritto al trasferimento se la necessità di assistere il familiare handicappato sussisteva anche al momento dell’accettazione del posto.
In generale, infatti, continua Studio Cataldi.it, i giudici ritengono che la norma di cui all’articolo 33 della legge 104 garantisca la scelta della sede non anche a rapporto già costituito, ma solo in sede di prima assunzione o in caso di sopravvenienza della situazione invalidante del familiare.
Nel caso in cui le condizioni del familiare assistito dovessero peggiorare?
Tendenzialmente, sarebbe logico adattare l’orientamento giurisprudenziale, perché se, da un lato si nega il diritto del familiare a essere trasferito a rapporto di lavoro già instaurato per assistere un familiare per il quale si beneficiava delle tutele di cui alla legge 104 in sede di assunzione, dall’altro lato lo concede invece se il soggetto in posizione svantaggiata è il lavoratore stesso (Cass. n. 3896/2009).
Esistono delle distinzioni in merito, ma in questi casi particolari, come l’aggravamento del parente disabile, si tende a concedere il trasferimento a contratto stipulato.
Chiaramente in via di principio sussistono delle differenze che legittimano questa distinzione, ma tali differenze si riducono indubbiamente laddove alla base della richiesta di trasferimento del lavoratore che assiste un disabile vi sia l’aggravarsi delle condizioni dell’assistito.
Tuttavia, bisogna considerare caso per caso, perché la legge 104, contempla il diritto del lavoratore a scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere, specificando però “ove possibile“, cioè valutando che il trasferimento del lavoratore non rechi comunque danno al datore di lavoro.
A condizione, cioè, che il datore, sul quale incombe l’onere della dimostrazione, non provi “la sussistenza di esigenze aziendali effettive e urgenti, insuscettibili di essere altrimenti soddisfatte”.
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