La Cgil affida ad un documento di una quindicina di pagine le proprie proposte per la costruzione di un programma alternativo rispetto alle politiche dell’attuale maggioranza di Governo.
Il documento entra nel merito dei temi sui quali il sindacato di Epifani si ritiene maggiormente impegnato: la pace, l’economia, il lavoro, il sistema di protezioni sociali.
Una dozzina di righe dell’intero documento è dedicata alle politiche della conoscenza.
"Formazione, scuola, università e ricerca – sottolinea Cgil – rappresentano risorse fondamentali per quanto riguarda una prospettiva di sviluppo di qualità del nostro Paese e per affermare un livello di convivenza adeguato ai nuovi processi aperti con la globalizzazione".
La logica conseguenza è che "i provvedimenti legislativi emanati dal Governo, in antitesi con questa esigenza, devono essere ritirati".
Non può non colpire, in questa formulazione, il mancato riferimento alla legge 53 che invece – secondo alcune componenti dell’opposizione – deve essere abolita e sostituita da una nuova legge di riforma.
Sembra insomma che all’interno della Confederazione possa prevalere una posizione vicina a quella espressa quest’estate da Rutelli che molte polemiche aveva scatenato nello schieramento di centro-sinistra: la legge 53 non può essere cancellata con un colpo di spugna – aveva sostenuto, in sintesi il leader della Margherita, ma può essere cambiata e migliorata sulla base delle esperienze concrete.
La stessa Cgil-Scuola si era dichiarata nettamente contraria a questa soluzione ed anche diversi parlamentari DS avevano sottolineato che sperimentare cose sbagliate non può essere certamente una buona cosa.
Nel documento programmatico divulgato in queste ore, il sindacato di Epifani elenca alcuni obiettivi irrinunciabili: portare la spesa per la scuola a livelli europei (attualmente in Italia il rapporto con il PIL è inferiore al 5%, mentre in Europa si supera il 6%); predisporre un piano straordinario di educazione degli adulti; innalzamento l’età dell’obbligo scolastico; incrementare il numero dei diplomati e dei laureati; definire un piano di investimenti per la ricerca pubblica; eliminare progressivamente il fenomeno del precariato.
Obiettivi che fanno parte dei programmi elettorali di ogni schieramento e sui quali tutti i Governi si sono cimentati senza riuscire mai a trovare soluzioni pienamente soddisfacenti.
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