Alla fine il ministro Valditara non è riuscito ad ottenere tutto ciò che voleva ma non è neppure tornato a casa a mani vuote.
L’articolo 90 della bozza della legge di bilancio potrebbe darà il là alla firma definitiva del contratto nazionale; il comma 1 recita così: “Per il triennio 2019-2021 gli oneri posti a carico del bilancio statale per la contrattazione collettiva nazionale per i miglioramenti economici del personale scolastico, comparto istruzione e ricerca, sono incrementati di 150 milioni di euro per il 2023”.
Questo significa che dei 300 milioni che la legge di bilancio 2022 destinava alla valorizzazione del personale docente la metà potrebbe essere utilizzata per il contratto e la restante metà servire per il cosiddetto “salario accessorio”.
Per quanto riguarda la scuola è certamente questa la novità più importante.
Un intero articolo, il numero 89 intitolato “Misure per la riforma della definizione e riorganizzazione del sistema della rete scolastica”, è dedicato a ridefinire i criteri del dimensionamento scolastico, misura prevista dal PNRR.
Per la verità quando si era iniziato a parlare di questo tema pareva che la riforma dovesse avere un impatto importante sul sistema scolastico, in modo da garantire anche una corretta gestione dei problemi derivanti dal calo demografico e dalle classi troppo numerose.
Le disposizioni contenute nell’articolo 89 non sembrano invece rispondere a questa logica.
In pratica la norma contenuta nella legge di bilancio prevede che, a livello regionale, il numero medio di alunni per istituzione scolastica debba essere contenuto fra un minimo di 900 e un massimo di 1000, “ferma restando – si precisa – la necessità di salvaguardare le specificità derivanti dalle istituzioni presenti nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche”.
Questo significa che in non poche regioni il numero complessivo delle istituzioni scolastiche potrebbe diminuire.
La disposizione introduce però una clausola importante: “Al fine di garantire una riduzione graduale del numero delle istituzioni scolastiche, per i primi tre anni scolastici si applica un correttivo pari rispettivamente al 7%, al 5% e al 3%, anche prevedendo forme di compensazione interregionale”.
Altre misure di minor peso riguardano l’aumento dei compensi per i revisori dei conti delle istituzioni scolastiche e dei membri delle commissioni di concorso.
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