Mano a mano che passano i giorni appare sempre più evidente che, per la scuola, la legge di bilancio per il 2023 sarà ben poco generosa.
Come abbiamo già scritto la misura più importante dal punto di vista delle risorse riguarda i 150 milioni che serviranno ad incrementare le risorse per il contratto del triennio 2019/2021 (solo pochi giorni fa, per la verità, il Ministro ne aveva promessi 300).
E nel disegno di legge c’è persino una norma, contenuta nell’articolo 90, che prevede un nuovo dimensionamento della rete scolastica che, a conti fatti, potrebbe determinare la soppressione di qualche centinaio di istituzioni scolastiche, soprattutto nelle regioni dove finora è stato fatto poco o nulla in tale direzione.
Se poi qualcuno spera che la manovra possa essere integrata o anche solo modificata nel corso del dibattito parlamentare dovrà rassegnarsi a rimanere deluso.
Il problema è che, se anche l’iter parlamentare iniziasse già la prossima settimana, i tempi per un esame accurato del disegno di legge non ci sono: siamo già a fine novembre e, per evitare l’esercizio provvisorio, la legge dovrà essere pubblicata nella Gazzetta Ufficiale entro sabato 31 dicembre e votata non oltre il giorno 29 (bisogna considerare almeno i tempi tecnici per la stampa della legge che, come sempre, riempirà un volume di alcune centinaia di pagine).
In altri termini il disegno di legge andrà in Parlamento “blindato”, e cioè con ridottissime possibilità di essere corretto.
Una piccola modifica che prevede anche soltanto un incremento di spesa pochissimi milioni di euro dovrebbe essere esaminata dal MEF affinché se ne possa trovare la copertura finanziaria.
Ma per fare questa operazione ci vuole tempo e questa volta il tempo non c’è proprio.
E così, molte delle “promesse” fatte durante la campagna elettorale da parte delle forze politiche che ora sono al Governo andranno deluse, almeno per il momento. Dovranno essere rinviate a tempi migliori le misure per la stabilizzazione del personale precario, quelle per la conversione dell’organico di fatto in organico di diritto e anche quelle per confermare il cosiddetto “organico Covid”.
A dire il vero, stando così le cose, non ci sarà spazio neppure per modificare le modalità di svolgimento degli esami di Stato del secondo ciclo: si era parlato infatti di commissioni con docenti esterni, ma per fare questo occorrerebbe altri soldi.
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