Nel dibattito che si sta avviando sulla legge di bilancio per il 2019, sulle risorse necessarie e sulle principali voci di spesa è del tutto assente, almeno per ora, la questione dei contratti pubblici.
La “dimenticanza” colpisce non poco anche perchè la spesa in gioco non è affatto modesta ma anzi appare significativa tanto quanto altre di cui si sta molto parlando.
Restando fermi al comparto scuola, se si parlasse anche solo di 100 euro lordi per ciascun dipendente il conto ammonterebbe alla non disprezzabile cifra di quasi un miliardo e mezzo di euro.
Ma 100 euro lordi mensili sarebbero solo il punto di partenza, perchè in campagna elettorale il M5S ha parlato di ben altri importi (c’è chi si è spinto fino al raddoppio degli stipendi attuali, ipotesi ovviamente del tutto improponibile in quanto richiederebbe investimenti stratosferici, nell’ordine di 40 miliardi di euro).
Di recente lo stesso ministro Bussetti ha ammesso che gli stipendi attuale dei docenti sono modesti e non corrispondono affatto alla professionalità e all’impegno che vengono oggi richiesti agli insegnanti.
Eppure solo un paio di giorni fa, nel corso di una intervista radiofonica, il Ministro ha tranquillizzato tutti asserendo che nella scuola non ci saranno tagli di spesa: affermazione che sta di fatto a significare che non solo non ci saranno risorse aggiuntive per la scuola ma che ci sarà da gioire se non ci sarà una riduzione di spesa.
D’altra parte è davvero improbabile che la legge di bilancio preveda novità sul trattamento economico del personale della scuola. Gli stessi sindacati del comparto sarebbero quasi certamente contrari ad aumenti riservati alla scuola e non estesi a tutto il pubblico impiego.
E siccome i pubblici dipendenti sono poco meno di 3 milioni è facile capire per quale motivo non sarà facile che la legge di bilancio affronti questo modo. Per garantire a tutto il personale un aumento medio di 1.000 euro annui, che al netto si ridurrebbero a meno di 50 euro mensili, servirebbero all’incirca 3 miliardi di euro.
Senza poi considerare che, anche solo per mantenere gli attuali livelli stipendiali, nella legge di bilancio andrebbe inserito uno stanziamento di poco meno di un miliardo di euro per l’intero comparto pubblico: i contratti firmati nei mesi scorsi, infatti, prevedono il ben noto “elemento perequativo” per gli stipendi più bassi, elemento che cesserà di essere erogato a partire dal prossimo mese di gennaio.
E quindi senza risorse adeguate a gennaio prossimo una parte considerevole di dipendenti pubblici potrebbero ricevere uno stipendio ridotto: nella scuola il problema riguarderà tutto il personale ausiliario e amministrativo e tutti i docenti con meno di 15 anni di servizio.
Insomma il rischio è che mentre le forze di governo si confrontano (e magari litigano) su flat tax, pensioni e reddito di cittadinanza, gli stipendi dei docenti restino ancora al palo e anzi arretrino un po’.
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