Si fa sempre più concreta la possibilità che i soldi per la scuola, nella legge finanziaria che il Governo dovrebbe varare nelle prossime ore, siano davvero pochi.
Stando alle ultime voci, rilanciate dalle agenzie di stampa, ogni Ministero dovrà far fuoco con la legna che ha: in altre parole, il Ministero dell’Istruzione se vorrà adottare qualche misura dovrà farlo con le risorse già disponibili.
Per l’Istruzione sarà praticamente impossibile, dal momento che il 95% del bilancio è già destinato alle spese fisse del personale.
I margini di manovra, insomma, sono ridottissimi.
L’unica voce di spesa di un certo peso che potrebbe essere rivista è quella relativa alla carta del docente.
Attualmente la carta costa alle casse dello Stato circa 350 milioni all’anno; azzerandola del tutto si potrebbero usare diversamente questi soldi, magari per ripristinare, anche solo in parte, il cosiddetto “organico Covid”. C’è però da considerare che la Carta è già stata finanziata fino al 31 agosto e quindi, se anche venisse abolita, si potrebbe “liberare” solamente la quota del periodo settembre/dicembre 2023, in pratica 120 milioni o poco più.
Per il resto Valditara non potrà fare altro che affidarsi al “buon cuore” del ministro dell’Economia Giorgetti che però – per il momento – sembra intenzionato a tenere ben stretti i cordoni della borsa anche perché non ci sono segnali di un eventuale ridimensionamento della crisi energetica che divorerà una fetta molto alta dell’intera manovra.
Un’altra ipotesi è che il Governo riesca a rivedere l’uso delle risorse del PNRR destinate alla scuola in modo da coprire costi che adesso sono a carico del bilancio del Ministero; in questo modo si potrebbero forse risparmiare un po’ di soldi destinati alla formazione.
Ma – come si può intuire – si tratta davvero di cifre poco impegnative.
Di finanziare piani importanti come la stabilizzazione dei precari o l’ampliamento degli organici non se parla davvero, a meno di un cambio di rotta del MEF che, al momento, appare piuttosto improbabile.