Allora, rimettiamo la questione con i piedi per terra? Più lettura e comprensione dei testi, più letteratura, corsivo, dettati e correttezza ortografica, piacere della scrittura, poesie (anche a memoria, senza esagerare).
Lettura per cantare, karaoke, informatica a dosi moderate come strumento per la lettura e la scrittura (e poi anche per gli altri apprendimenti, ovviamente).
Biblioteche di classe, schede di comprensione dei testi letti, riassunti, prendere appunti, ricerche dai libri e da internet. Lotta – ovvio – alla dislessia, controlli della vista per i bimbi in età scolare.
Tutto abbastanza ovvio, ma non scontato. Sforzo degli insegnanti perché “nessuno rimanga indietro”. Avvio al lavorare in gruppo, anche nella produzione linguistica (che è comunque importante anche in forma individuale).
Poi c’è un altro problema, la valutazione. Che va fatta in molti modi, e serve soprattutto per “aggiustare” il lavoro del docente. La questione dei voti diventa un problema quando si ha a che fare con famiglie che non sostengono il lavoro della scuola: compiti per casa (che pure vanno usati con misura) non eseguiti, studio mancante, anche in famiglie non disagiate economicamente, ma solo poco disposte a sacrificarsi per i loro figli.
Il nodo di tutto è l’economia, vivere la scuola come un investimento e non come un costo, assicurare la possibilità di avere non solo efficienti laboratori informatici – che sono necessari – ma anche di avere contemporaneità orarie per svolgere attività di piccolo gruppo, o anche a livello individuale, particolarmente necessarie nell’apprendimento linguistico.
È un nodo questo di fronte al quale non si può dire “Non ce lo possiamo permettere”. Perché tra pochi anni spenderemo dieci volte tanto in prevenzione e repressione di un disagio sociale che la disattenzione della società di oggi avrà contribuito a creare.
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