Vale il licenziamento del docente con contratto a tempo determinato per motivi disciplinari. Il suo status di supplente non impedisce il recesso per giusta causa da parte dell’istituto scolastico.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n.23861 dell’11 ottobre scorso, ha chiarito che non sussiste alcuna differenza tra rapporto di lavoro a tempo determinato e rapporto di lavoro a tempo indeterminato in ordine al termine per impugnare il licenziamento.
LA VICENDA
Il Sole 24 Ore ricostruisce la vicenda. Un docente della scuola media, assunto con contratto a tempo determinato da gennaio a giugno 2012, veniva prima sospeso a marzo e poi destituito dal servizio, pochi giorni prima della scadenza del contratto di supplenza, all’esito del procedimento disciplinare a suo carico. Il docente impugnava però il provvedimento e chiedeva alla scuola il pagamento di quanto a lui spettante sulla base del contratto.
PRIMO E SECONDO GRADO
Sia in primo che in secondo grado i giudici di merito rigettavano la sua impugnazione. La questione arriva così in Cassazione dove il supplente sottolinea come tale termine di decadenza fosse applicabile solo ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato e non anche alle ipotesi di supplenza.
SENTENZA DELLA CASSAZIONE
La Suprema corte, tuttavia, non condivide tale assunto e afferma che non sussiste differenza alcuna tra docenza di ruolo e supplenza, quanto al termine per impugnare il licenziamento intimato all’insegnante per motivi disciplinari.