Il report lo fa Italia Oggi che riassuma le decina di sentenze in primo grado favorevoli ai precari, così tanti da indurre legittimamente all’ottimismo circa gli esiti di tali azioni, specie nei tribunali dove i giudici monocratici si erano già espressi favorevolmente. Tuttavia è giunta una prima sentenza della Cassazione, che ha stabilito l’inesistenza del diritto alla ricostruzione di carriera per i precari e infine, qualche giorno fa, la Suprema corte è intervenuta in modo esaustivo su tutta la vicenda, fugando ogni dubbio (e ogni speranza).
Secondo la sezione lavoro, la successione dei contratti di supplenza è legittima. Prima di tutto perché la disciplina del reclutamento del personale docente della scuola statale è regolato da una disciplina speciale, dettata dalla legge 124/99, dal decreto legislativo 297/94 e dai regolamenti sulle supplenze che si sono succeduti nel tempo, oltre ad altre fonti collettive.
E quindi queste disposizioni derogano sia quelle previste dal decreto 368/2001, che si rivolge in generale a tutti i lavoratori, sia quelle contenute nel decreto 165/2001, che riguardano in generale il pubblico impiego. E poi perché la disciplina del reclutamento nella scuola è conforme al diritto comunitario in quanto la reiterazione dei contratti: «Risponde ad oggettive, specifiche esigenze, a fronte delle quali», si legge nella sentenza, «non fa riscontro alcun potere discrezionale della pubblica amministrazione, per essere la stessa tenuta al puntuale rispetto della articolata normativa che ne regola l’assegnazione». Pertanto, essendo legittima la reiterazione dei contratti di supplenza, non è dovuta alcuna forma di risarcimento a chi ne è fatto oggetto.
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