L’emergenza coronavirus sta portando alla luce problemi contrattuali (e non solo) riguardanti il personale Ata, i docenti e gli educatori dei convitti.
E’ quanto sostiene l’Unicobas che con un ampio comunicato diffuso nella giornata di martedì 3 marzo prende in esame i diversi temi emersi in questi giorni.
L’Unicobas protesta perché “al personale Ata viene ordinato di restare in servizio nelle scuole chiuse e di ‘sanificare’ gli ambienti (peraltro senza strumenti, mascherine etc.)”.
“Ma questo – sottolinea il sindacato – è un compito che spetta alla Sanità pubblica ed agli Enti Locali, e ciò, sia detto per inciso, vale sia per il bene generale (tramite strumenti e prassi adeguate), sia per il rispetto che va portato al personale non docente”.
“Inoltre – aggiunge il segretario nazionale Stefano d’Errico – senza che nessun sindacato ‘maggiormente rappresentativo’ protestasse, Convitti ed Educandati sono rimasti aperti sin dall’inizio dell’epidemia, sia in Veneto che in Lombardia, ed agli educatori sono stati imposte mansioni sanitarie (come la rilevazione delle condizioni di salute dei convittori) e di portineria-guardiania che non competono loro”.
Per non parlare poi della didattica a distanza: “Gli obblighi contrattuali relativi alla funzione docente – sostiene l’Unicobas – non contemplano l’obbligo di presenza a scuola quando gli studenti sono assenti (tranne le riunioni programmate dai collegi dei docenti), né la didattica a distanza.”
Ma sulla didattica a distanza Stefano d’Errico esprime più di una riserva anche sotto il profilo culturale e pedagogico: ”Solo chi non conosce nulla di metodologia e didattica può parificare la presenza a distanza con l’efficacia dell’insegnamento diretto e della comunità educante, né si può negare che l’apprendimento è fenomeno collettivo garantito soprattutto dall’interazione diretta e dal gruppo-classe. Ciò vale anche e soprattutto per la didattica laboratoriale, della quale la scuola elementare italiana era maestra prima delle controriforme degli ultimi 30 anni”.
“Oltretutto – fa rilevare d’Errico – i seguaci dei miracolistici effetti dell’insegnamento a distanza sono spesso gli stessi che criticano da anni la lezione frontale, senza neppure comprendere la contraddizione patente: l’insegnamento a distanza è spesso mimesi e mimica della lezione frontale, né i supporti informatici interattivi possono ovviare a questo somigliando, più che alla necessaria creatività didattica, a quei famosi ‘compiti a casa’ (che molte scuole oggi vorrebbero imporre, nella vacatio dell’interazione scolastica, tramite il famoso registro elettronico)”.
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