Lorenzo Luatti, ricercatore dei processi migratori e delle relazioni interculturali presso Oxfam Italia, ha scritto l’articolo “L’emigrazione nei libri di scuola per l’Italia e per gli italiani all’estero” uscito nel 2018 per i tipi di Tau edizioni e Fondazione Migrantes.
In un’intervista, rilasciata al portale Anaso.it, Luatti parla dell’emigrazione italiana nei libri di scuola: “Le emigrazioni nei libri di scuola sono due volte protagonisti: lo studio ne analizza le rappresentazioni sia nei libri di scuola per l’Italia – esaminati nella prima parte del volume intitolata “Ai figli vicini” – sia nei testi destinati ai figli degli italiani che frequentavano le scuole italiane all’estero – affrontati invece nella seconda parte intitolata “Ai figli lontani”. Si tratta di una prima volta per entrambi i settori dell’editoria scolastica; mai prima d’ora è stata raccontata la storia dell’emigrazione italiana a partire dai testi scolastici, libri assai diffusi se si pensa, oltretutto, che erano spesso gli unici volumi ad entrare nelle famiglie italiane dell’800 e del ‘900 poiché legati ai primi passi dell’alfabetizzazione dell’istruzione. Mancava, oltretutto, nel panorama degli studi sul libro scolastico e sull’emigrazione, una ricostruzione dettagliata e puntuale sulle vicende editoriali del libro scolastico”.
RAFFIGURAZIONE – “La raffigurazione dell’emigrato che compare nei libri di scuola per le scuole italiane all’estero, invece, è molto diversa. Nei testi rivolti agli studenti italo-discendenti all’estero i contenuti miserabili sull’emigrazione e sull’emigrante perdente, sconfitto, straccione, non potevano essere più diffusi. Non ci si rivolgeva più ai candidati all’espatrio, ma a coloro che erano già espatriati e risiedevano all’estero, pertanto i messaggi da trasmettere sarebbero stati differenti da quelli divulgati tra i residenti in Italia: l’attaccamento alla patria e ai doveri verso di essa, primo tra tutti quello della leva militare o, in generale, di soccorso in caso di pericolo della terra natia, il mantenimento della lingua italiana – anche se sarebbe più opportuno parlare di diffusione della lingua italiana, dato l’eterogeneo patrimonio dialettale che gli espatriati portavano con sé – la rappresentazione dell’emigrato come diffusore dell’italianità e dei commerci italiani”.
“I libri di scuola non riuscivano a spiegare le motivazioni che spingevano gli italiani a lasciare l’Italia, le drammatiche condizioni materiali in cui versavano, il secolare sfruttamento dei contadini da parte del mondo padronale terriero. Ad essere usati come testi scolastici in Italia erano soprattutto libri di lettura che, commentati in classe, descrivevano comportamenti e valori da adottare; questi, indirizzati solo formalmente agli alunni, erano in realtà rivolti ai genitori”.
Il paternalismo, il moralismo, i messaggi edificanti (caratteristica originaria dei nostri libri di scuola) persistono dall’Unità d’Italia sino agli anni ’60 del secolo scorso [ultimo periodo storico analizzato nel voluminoso testo di Luatti, ndr]; la situazione cambierà solo a partire dagli anni ’70 con la riforma della scuola e la denuncia forte di alcuni autori italiani, come quella di Umberto Eco ne “I pampini bugiardi” – essenzialmente rivolta ai contenuti trasmessi dai libri di scuola, tra cui quelli sull’emigrazione italiana”.