Quando mi si chiede quale possa essere l’errore più macroscopico di questo governo sulla scuola di solito premetto, prima di parlare di questo o quell’aspetto, la delusione verso i due presidi incaricati uno come ministro l’altro come sottosegretario.
Mi aspettavo altro da loro, cioè che parlassero e partissero dalla scuola reale, dai suoi effettivi bisogni, riconosciuti dalla centralità degli studenti, e non dell’apparato assistenzialista e centralista che ancora domina, con la scuola intesa per lo più come ammortizzatore sociale.
Purtroppo, mi viene da dire, si sono adeguati, al di là della diversa appartenenza partitica.
Poi concentro il richiamo a cosa voglia dire “servizio pubblico”, perché va ribadito che la scuola è un servizio pubblico a studenti, alle famiglie, al nostro tessuto sociale.
Un servizio che dovrebbe essere sempre pensato come foriero di speranza, di pensiero positivo per loro, e per il nostro futuro come tessuto sociale.
Infine, mi permetto di fermarmi su un punto: l’errore più macroscopico è l’annacquamento dell’alternanza scuola-lavoro, ridotta a generica esperienza trasversale (“percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”). Cioè tutto e niente.
Capisco e conosco bene le difficoltà, anzitutto per le troppe ore, ma anche per certe forme di “sfruttamento” da parte di alcune realtà del mondo del lavoro (quando una scuola non si fa capace di “governare” il tutto), la carenza in alcune aree del Paese di contesti adeguati sul piano socio-economico, la difficoltà dei docenti di ripensarsi secondo le esigenze sociali di oggi (“basta competenze, meglio ritornare alle sole conoscenze”) e quant’altro.
Quanti stanno intervenendo oggi su questi aspetti solo per partito preso, senza andare al fondo delle cose?
Capisco e conosco tutto.
Ma ricondurre un percorso (da pensarsi) alla mera raccolta di esperienze generiche da conteggiare significa non riconoscere che oggi il concetto di “lavoro”, come cultura del lavoro e non come mera professione, è forse il primo, se non l’unico, “principio di realtà” che può davvero “orientare” i nostri ragazzi alle scelte fondamentali della loro vita.
Ecco, credo che non mancheranno, in futuro, occasioni per rimarcare questo errore della gestione dei due presidi-governanti. Un errore tra altri errori.
Forse che sia cosa buona e giusta ritornare a politici al Miur che non arrivino dal mondo della scuola, ma abbiano (penso qui a Fioroni, forse l’ultimo ministro con una struttura di pensiero aperto) capacità di ascolto, di lettura e di visione sociale?
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