Il 23 maggio a Trieste si è tenuto un incontro formativo per dirigenti scolastici (lezioni estive e altro ancora) per formulare una serie di iniziative atte a modificare in modo significativo il processo formativo degli adolescenti e renderlo più efficace e performativo.
Diciamo la verità, i temi affrontati dai “professionisti dell’educazione” nel congresso di primavera, non sono per nulla nuovi: “Abbandonare le lezioni verticali, ridurre il carico di compiti pomeridiani, creare una scuola che non chiude i battenti dopo le normali ore di studio, ma rimane aperta, integrando attività extrascolastiche come sport e musica all’interno dei suoi programmi”. Così si arriverà, finalmente, ad una concezione più olistica, flessibile e coinvolgente (anche sconvolgente) della scuola.
Pensare che la scuola italiana si basi ancora su lezioni verticali tradizionali, significa (dispiace dirlo) non avere più un contatto vero e diretto con i ragazzi.
La classica lezione frontale, ormai, non esiste quasi più, si è adeguata (si è dovuta adeguare) alle esigenze dei giovani e alle richieste della società e, alla fine, si è arresa ai ‘mille’ metodi alternativi di insegnamento (spesso importati dall’estero) o, in moltissimi casi, si è naturalmente trasformata, dispiegando, incredibilmente, tutte le sue potenzialità educative (non inferiori certo ad altre prassi didattiche) e dimostrando grande capacità di adattamento, positiva duttilità ed una efficace flessibilità di azione, in sinergia con le nuove e mirabili conquiste della più avanzata tecnologia.
Compiti a casa? Non è certo questo presunto peso enorme dei compiti a casa (qualcuno fa finta di crederci ancora) a stressare i ragazzi. Sono, se mai, le infinite attività non scolastiche e scolastiche pomeridiane a cui, volenti e nolenti, i ‘fanciulli’ sono sottoposti.
Attività scolastiche pomeridiane. Ecco un punto interessante. Sostenere che le scuole chiudano i battenti allo scoccare delle ore 12.00 di ogni giorno, per riaprirle solo il mattino dopo, appare alquanto ‘bizzarro’ (sono solo, eventualmente, memorie di gioventù).
Lo sanno tutti, ormai. Gli infiniti progetti formativi proposti (diciamo così) dall’Alto ai ragazzi, fanno sì che le i battenti degli centri educativi rimangano aperti ben oltre mezzogiorno (anche oltre le ore 15 o 16) e costringano i nostri giovani ad impegnative attività scolastiche pomeridiane. Per non parlare poi delle attività relative all’alternanza scuola- lavoro e dei doverosi e lunghi viaggi di istruzione.
Certo, si può fare di più? Certo. Con risultati migliori?
Di quanto letto in relazione all’incontro di maggio, non mi sento in disaccordo su una proposta (anche questa per nulla nuova. Niente di nuovo sotto il sole).
“L’abolizione dei tre mesi estivi di sosta a favore di vacanze più frequenti distribuite durante l’anno”. Come avviene in altri Paesi.
Effettivamente un lungo periodo segnato, in prevalenza, da inattiva culturale (o da minime letture) non giova ai discenti (forse neanche ai docenti!) e rende più ardua la ripresa.
Valida allora, sostanzialmente, la proposta, occorre però chiarire alcuni punti.
Già ora, per i primissimi gradi della scuola, sono attivate iniziative regionali o comunali (anche attraverso accordi con privati) che, senza obbligo, consentono agli allievi (piccoli allievi soprattutto) di poter frequentare, anche durante i mesi estivi (escluso forse agosto) centri formativi, dove poter relazionarsi con i loro coetanei e, nel contempo, trovare, sempre, dei validi e giovani educatori, pronti a gestirli in educative attività ludiche e a mantenere viva in loro la fiamma della curiosità e del desiderio fanciullesco e forte di sapere.
Anche a livelli più alti, in alcune regioni, sono organizzati, durante l’estate (sempre senza obbligatorietà), periodi di approfondimento e ripasso con docenti spesso diversi da quelli avuti durante l’anno scolastico.
Si potrebbe, allora, continuare su questa strada ampliando questi periodi estivi di ‘ripasso’ o specializzazione’ e considerando se lasciare libertà di partecipazione o sostituirla con un obbligo.
Mi sembra, però, che la proposta di rivoluzione del calendario scolastico si di altra natura: riorganizzare i tempi della scuola ‘ufficiale’, in modo tale da introdurre, obbligatoriamente, periodi di lezioni scolastiche anche nei mesi estivi e ampliare periodi di vacanza in altre stagioni, senza quindi andare a toccare o modificare il numero complessivo di giorni di scuola durante l’anno scolastico.
La proposta, lo ripeto, mi sembra ragionevole, caldeggiata, magari anche da alcuni genitori e, forse, da non pochi alunni (un tentativo, come già detto, non nuovo che, però, in passato non ha avuto fortuna).
Alcune domande, almeno due, però bisogna porsele.
1) In un Paese che tende ad avere estati sempre più torride, per poter svolgere una significativa attività didattica (con libertà di metodica), occorrerebbero ampie, ariose e spaziose strutture, fornite di efficienti impianti di ‘refrigerazione’. Si potrebbero realmente realizzare in tempi brevi (o anche meno brevi)?
2) Il periodo estivo e le vacanze estive rappresentano un momento forte per il settore turistico e una voce fondamentale per l’economia del Paese.
Impegnare i mesi estivi nell’attività scolastica quali effetti potrebbe produrre sul comparto del turismo? Non ci sarebbe alcuna protesta? Si rimodulerebbero le offerte e le tempistiche delle vacanze? Probabilmente ci sarebbe bisogno di un tavolo di confronto tra scuola e turismo.
Insomma l’incontro di maggio (in una tiepida giornata di primavera) avrà un seguito?
Per saperlo basta aspettare.
Andrea Ceriani
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