Il Governo ha preso veramente a cuore il problema dell’abbandono scolastico, in Italia ancora troppo alto rispetto alle indicazioni dell’Ue. Dopo le ripetute esternazioni sul tema da parte del ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, giunta anche a minacciare le dimissioni se non si opereranno adeguati investimenti, stavolta a dare rassicurazioni è stato il premier Enrico Letta: rispondendo domenica 23 giugno alle domande della giornalista Maria Annunziata, nel corso della trasmissione su RaiTre ‘In mezz’ora’, il presidente del Consiglio ha detto che i 6 miliardi di fondi stanziati dall’Ue per i giovani “sono la garanzia per i giovani che lasciano la scuola per avere subito un’occasione di lavoro“.
Letta ha poi aggiunto che il suo Governo si batterà, dando il massimo, “affinché questi soldi siano usati subito e non spalmati su molti anni. Si tratta di 6 miliardi per tutta l’Europa e l’Italia ne userà 500 milioni, l’obiettivo è usarli subito“.
La cifra non è altissima, ma nemmeno irrisoria. Occorre che ora venga spesa bene. Soprattutto al Sud, dove quello dell’abbandono scolastico è un problema soprattutto culturale. Che ha bisogno di essere estirpato agendo sui formatori ma anche sulle famiglie. Quindi di coinvolgere tutti gli “agenti” formativi, non solo la scuola. E bisognerà vigilare al massimo perché i soldi non si disperdano per attività non propriamente utili a vincere gli abbandoni scolastici.
Anche se il compito è duro, Letta sa bene che è ora di passare ai fatti: il tempo degli annunci è finito. A due mesi dall’insediamento del suo esecutivo, i sondaggi indicano che la fiducia nel Governo è già in discreto calo. Sostenere la scuola, attraverso l’utilizzo oculato dei fondi a disposizione, significherebbe rendere un servizio di cui si avvantaggerebbero prima di tutto i suoi utenti (sette-otto milioni di alunni), le rispettive famiglie e circa un milione di dipendenti che vi operano. In secondo luogo, tutta la cittadinanza. Un Paese moderno che punta a risollevarsi non può permettere che uno studente ogni cinque lasci la scuola prima del tempo. Mentre l’Europa ci chiede che in questa condizione siano non più di un giovane su dieci. Non ci meravigliamo, poi, se 22 dei 23 giocatori di calcio della nazionale giapponese che ad inizio settimana hanno affrontato l’Italia erano laureati. Mentre i nostri a stento sono arrivati al diploma….