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Lettera a Don Lorenzo Milani: “i genitori avevano un ruolo positivo nel rendere la scuola più aperta”

Caro Lorenzo, ti scrivo come se tu fossi ancora vivo, ora avresti cent’anni. Ti ho conosciuto nel 1967 leggendo “Esperienze Pastorali” e poi “Lettera a una professoressa” e mi sono innamorato subito del tuo modo intelligente e insieme appassionato di guardare e di descrivere il mondo, senza fronzoli e cercando la verità e la sintesi, in vista dell’azione. Per me non sei mai stato un prete, ma un vero uomo politico, e da te ho preso subito il tuo modo di fare politica: appassionato e dal basso, coraggioso e senza sudditanze verso nessuno. Facendo nel 1969 la tesi sulla tua vita e sulla tua opera, mi sono formato insieme come insegnante e come sindacalista, e da allora la mia vita è andata avanti in un dialogo continuo con te che non c’eri più, e dunque con un te immaginario che ero certo che sarebbe cambiato con il mutare vertiginoso degli eventi e dell’antropologia culturale del nostro popolo. Sono certo che se tu fossi vissuto diversi altri decenni non ti saresti irrigidito sulle tue provocazioni dei docenti senza famiglia e senza sindacato; anzi, fondando nel 2012 Noi Scuola, ho vissuto uno dei momenti più donmilaniani della mia vita!… 

Nei tuoi testi c’è un fuoco che in quel momento storico si traduceva in certi slogan – ad esempio “non bocciare” – che però assunti isolandoli dal fuoco che li animava hanno addirittura finito per affossare il tuo messaggio vitale. Gli imbecilli ti hanno considerato un dogmatico, uno con cui era impossibile ragionare; i conformisti ti hanno trasformato in un innocuo santino, chiamando col tuo nome migliaia di scuole, dove non è entrato neppure un piccolo spiffero del tuo spirito travolgente… sarebbe una grande operazione di pulizia e di rispetto per la tua memoria – tu uomo estraneo a ogni forma di ipocrisia – togliere il tuo nome alla stragrande maggioranza delle scuole che troppo ipocritamente si arrogano la tua opera e le tue idee di liberazione totale dei bambini e dei ragazzi.

Prima della tua morte, avvenuta nel 1967, i genitori avevano un ruolo positivo nel rendere la scuola più aperta, con più risorse, con più democrazia. Era possibile una feconda alleanza tra i genitori più consapevoli del ruolo della scuola e gli insegnanti, perlopiù giovani come me, che si ispiravano alla tua esperienza e si aggregavano sindacalmente nella CGIL Scuola, che nasceva proprio l’anno della tua morte.

Ovviamente non potevi immaginare che brutta fine avrebbe fatto non tanto il movimento dei genitori, ma la cultura stessa dei genitori, destinata a un reflusso familistico e atomizzato tutto centrato sul culto dei propri figli, ai quali – dietro l’esigenza ufficialmente dichiarata di voler risparmiare inutili sofferenze e sacrifici – in realtà si vuole negare la ricca esperienza della natura e della società che erano il nucleo vitale della tua pedagogia.

Non potevi neppure immaginare che per una quindicina di anni il sindacalismo degli insegnanti avrebbe avuto un ruolo propulsivo; ripreso poi alla fine degli anni 80, per un’altra quindicina di anni, con la nascita di Cobas e Gilda. Come pure non potevi immaginare gli sconvolgimenti epocali succeduti alla caduta dell’URSS, con conseguente fine della tradizione culturale del PCI e con la scuola statale di fatto privatizzata e abbandonata alla scopiazzatura della scuola americana…

Oggi, caro Lorenzo, la scuola della Costituzione che tu e io abbiamo tanto amato è organicamente inserita nel mercato, e i genitori hanno il ruolo dei clienti e compratori, mentre i docenti hanno ormai il ruolo delle puttane (come tu schiettamente e senza ancora le seghe mentali del “sessismo” potevi chiamare senza scandalo le prostitute). Di sicuro non ti potevi nemmeno immaginare la tragica evoluzione dei partiti, che tu tanto rispettavi, e soprattutto dei sindacati storici: per te fare il maestro o il sindacalista era il massimo traguardo da additare a uno scolaro…

Eppure, in tutto questo sfascio, per i pochi che sanno leggere contestualizzando il testo – e per i tuoi libri ciò è fondamentale, dato il tuo linguaggio calato nella realtà viva del momento, e dunque soggetto a un inevitabile invecchiamento – tu resti un faro per questa “nave sanza nocchiere in gran tempesta” che è la scuola italiana di oggi: con il tuo forte richiamo alla ricca esperienza di vita naturale e sociale di cui non si può defraudare il bambino e il ragazzo, e alla centralità del linguaggio: ricco, preciso, oggettivo. Stupenda poi è la contrapposizione – che corrisponde a una scelta di vita iniziale e inevitabile – tra commerciante: colui che cerca di contentare i gusti dei suoi clienti; e maestro: colui che cerca di contraddire e mutare i gusti dei suoi clienti. Vorrei proprio verificare nelle scuole che si fregiano del tuo nome, quanti docenti – non parlo dei DS! – si sono confrontati con questa scelta pregiudiziale…

Io ho già vissuto 33 anni più di te: anni di grandi disillusioni, di frustrazioni politiche e esistenziali (la guerra in Ucraina!!); ma col conforto della tua presenza accanto e dentro di me, che mi ha dato forza, coraggio e chiarezza di analisi e di idee operative

Valerio Cai

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