Le Raccomandazioni del Consiglio dell’Unione Europea sul programma nazionale di riforma 2014 dell’Italia confermano quanto da tempo sosteniamo riguardo alla scuola ed in particolare alla carriera dei docenti. La necessità, in essa sostenuta, di una diversificazione della carriera per i docenti italiani, con una progressione correlata alle competenze e al merito, rappresenta una delle tesi centrali della nostra proposta di riforma “Per una scuola democratica e responsabile”.
Tanto premesso riteniamo che le Raccomandazioni del Consiglio possano, alla luce del nuovo impulso riformatore dato dall’azione di governo, rappresentare un momento importante per ripensare profondamente alcuni aspetti strutturali della scuola italiana, per migliorarne l’efficacia organizzativa e i risultati scolastici e nel contempo realizzare una più efficacia gestione delle risorse finanziarie. Ma cogliere il senso delle sollecitazioni che ci pervengono dall’Unione Europea significa anche rispondere all’imperativo categorico della necessità di rilanciare il ruolo e la funzione del nostro sistema educativo, condizione ormai imprescindibile per un effettivo sviluppo del nostro Paese. Un compito in cui tutti devono essere coinvolti per superare una pratica finora costante di riforme calate dall’alto e destinate a durare il tempo di una legislatura. Solo così la politica potrà riacquistare il suo ruolo, agendo oggi per migliorare il domani, e rendere meno incerto il futuro di milioni di persone.
Proprio per questo vogliamo proporre alla Loro attenzione alcuni punti della nostra proposta -i punti II e III sono già contenuti nel progetto di legge (A.C.4121) presentato nella scorsa legislatura dal PD-, rinviando ad un incontro tecnico, che ci auguriamo vorranno farci accordare, la discussione di merito delle questioni coinvolte.
I nodi cruciali che dovrebbero essere affrontati per un cambiamento capace di produrre nella scuola italiana i cambiamenti auspicati, in sintesi, riguardano:
Autonomie responsabili
I piani di dimensionamento della rete scolastica, così come previsti dal D.P.R. 233/1998, sono finalizzati a discriminare le istituzioni scolastiche in relazione alle dimensioni dei singoli istituti (numero di alunni) senza tener conto che in ambiti territoriali assai ristretti possano esserci istituti della stessa tipologia. Ciò, spesso, ha dato luogo a duplicazioni di corsi di studio con sottoutilizzo delle risorse e senza alcun reale vantaggio per l’utenza scolastica, ma anche instabilità degli organici e discontinuità nell’attività didattica, per il continuo avvicendamento dei docenti.
Si tratta, allora, di definire degli ambiti organizzativi dell’offerta formativa a livello sub provinciale, in cui siano garantiti un’offerta articolata e univoca dei diversi percorsi di studio e un organico funzionale stabilizzato del personale docente che consenta in modo flessibile di assorbire esuberi e carenze, senza effetti, nel medio periodo, sulla mobilità esterna. Ciò renderebbe inutile il ruolo attualmente svolto dagli ex provveditorati, le cui funzioni -sostanzialmente la gestione degli organici – andrebbero svolte da un organismo territoriale di coordinamento delle autonomie scolastiche. Non si tratterebbe di costituire nuove strutture burocratiche, ma organismi rappresentativi delle autonomie scolastiche dotate di una struttura minimale per il supporto tecnico delle stesse.
Tanto dicasi per gli Uffici Scolastici Regionali che potrebbero essere soppressi e le loro funzioni in parte ritornare a livello centrale e in parte traferite ai nuovi organismi territoriali di coordinamento delle autonomie scolastiche.
I risparmi di spesa, per come si può evincere dalla tabella allegata, sarebbero notevoli e dovrebbero essere reinvestiti nelle scuole per migliorare la qualità e l’efficacia dell’intero sistema educativo. Un nuovo modello organizzativo di “autonomia responsabile” che riduce alla dimensione funzionale l’apparato amministrativo e che mette al centro le scuole e la funzione che ne legittima la loro stessa esistenza, l’attività educativa e formativa.
Governo democratico della scuola
Dopo ben tre lustri dall’attribuzione alle scuole dell’autonomia scolastica e ai capi di istituto della dirigenza scolastica il bilancio che può trarsi non è certamente positivo. L’introduzione nelle scuole della dirigenza è stata una scelta miope e profondamente sbagliata, tanto da determinare una sclerotizzazione burocratica ed autoritaria dell’organizzazione scolastica. La dirigenza scolastica non ha contribuito a migliorare l’efficienza gestionale delle scuole e, ancor meno, non ha prodotto effetti positivi sui risultati scolastici dei nostri studenti. Per converso è peggiorato il clima all’interno delle istituzioni scolastiche e accresciuta in maniera esponenziale la conflittualità tra dirigenti scolastici, docenti e personale ATA.
Si tratta allora di superare l’autonomia funzionale e di riconoscere alle scuole una potestà statutaria che consenta loro di poter riscrivere i cardini della propria organizzazione. Ciò, naturalmente, richiederà l’abbandono dell’attuale organizzazione burocratica e dirigistica, prevedendo una chiara distinzione tra funzioni di indirizzo e di gestione, queste ultime demandate, come avviene in molti Paesi europei, a un organo collegiale (la direzione), ma anche prevedendo la temporaneità del mandato del rappresentante dell’istituzione scolastica e il conferimento dell’incarico attraverso l’elezione (preside elettivo) da parte della comunità professionale che opera nella scuola.
Per il nostro sistema scolastico si tratterebbe, com’è facile immaginare, di un’importantissima innovazione. Per il preside eletto la temporaneità dell’incarico e il suo conferimento attraverso l’elezione non possono che accentuare il carattere di missione della sua azione che diviene imprescindibile dalla qualità e dai risultati del processo di insegnamento-apprendimento e dal rapporto con l’insegnamento, che è solo sospeso per la durata del mandato.
Leadership distribuita
Gli insegnanti italiani, come sottolineano le Raccomandazioni del Consiglio, hanno “un percorso di carriera unico” e “prospettive limitate di sviluppo professionale”. Gli insegnanti italiani in realtà sono privi di uno sviluppo di carriera, intesa come progressione professionale a cui si connettono la possibilità di attribuzione di nuove funzioni e di maggiori responsabilità, ma sono soggetti solo ad una progressione retributiva legata all’anzianità del servizio. Tra l’altro si tratta di una progressione assai lenta e lunga, molto distante dalla media europea. Un aspetto che unito ad altri fattori, quali il basso livello delle retribuzioni, la scarsa considerazione sociale del lavoro degli insegnanti, il peggioramento delle condizioni di lavoro all’interno delle scuole, i continui trasferimenti d’ufficio, etc.. stanno determinando una condizione dei docenti in Italia al limite della sostenibilità.
Costruire un percorso di carriera per i docenti non solo è necessario per allineare la condizione economica dei docenti alla media europea, ma è anche una condizione imprescindibile per avviare un profondo cambiamento nell’organizzazione scolastica, verso un nuovo modello di leadership distribuita ove le competenze professionali e le qualità personali possano rappresentare la chiave di volta di processi virtuosi di partecipazione al governo dell’istituzione scolastica e di responsabilizzazione rispetto ai risultati. Ciò non potrà che passare attraverso una riforma dello stato giuridico dei docenti che dia la possibilità di svolgere funzioni diverse di responsabilità all’interno dell’istituzione scolastica legate ad un’articolazione della carriera in fasce funzionali non gerarchiche e che consenta a coloro che si trovano nella fascia più alta di poter essere eletti presidi dell’istituzione scolastica. Altri tasselli importanti di questa riforma dovrebbero essere l’istituzione di Albi regionali della docenza e di un organo di garanzia della libertà di insegnamento, quale può essere l’istituzione del Consiglio superiore della docenza.
L’architrave
Un sistema di autonomie responsabili e sistemi di governo democratici di governo delle scuole comportano il potenziamento delle funzioni di supporto tecnico e di controllo, quale architrave di una nuova architettura del nostro sistema educativo. Ciò potrà avvenire, per quanto riguarda le funzioni di supporto tecnico, con l’attribuzione agli ex dirigenti scolastici della qualifica di dirigenti tecnici e con la loro applicazione funzionale, in un ruolo ad esaurimento, presso gli organismi territoriali di coordinamento delle autonomie scolastiche.
Mentre il potenziamento delle funzioni di controllo non potrà che avvenire con la riattribuzione agli attuali dirigenti tecnici della qualifica di ispettori scolastici, con funzioni che andrebbero ridefinite all’interno di un nuovo sistema nazionale di valutazione.
Il bivio di fronte al quale oggi si trova l’Italia non lascia molte scelte, la politica non può più continuare a spingere i problemi del Paese sotto il fatidico tappetino, qualcuno prima o poi dovrà scuoterlo o altri saranno chiamati a farlo.
Se quanto esposto e rappresentato è condiviso, chiediamo che quella stessa fermezza dimostrata in altre scelte, che gli italiani hanno ampiamente dimostrato di apprezzare, venga assunta per dare al nostro Paese una Scuola democratica e responsabile, da cui far partire un processo nuovo per riavvicinare i cittadini alle istituzioni, dando nuova linfa alla democrazia.
Il Presidente dell’Associazione nazionale docenti
Francesco Greco
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