Caro Dirigente del futuro,
io ho conosciuto le “due” scuole: quella pre-autonomistica e quella di adesso, nella quale lei è chiamato a operare. Non le nascondo, con il senno del poi, che preferisco la prima. Dopo oltre vent’anni di autonomia, infatti, non siamo riusciti a migliorare la qualità dell’istruzione e abbiamo messo in crisi uno dei capisaldi del vecchio assetto scolastico: la democrazia.
Tutto questo sembra assurdo, anche in considerazione del fatto che le norme autonomistiche, in astratto, salvaguardano il principio democratico. Ma, si sa, le idee viaggiano sulle gambe degli uomini e – ahimè – molti suoi colleghi, di fatto, hanno fortemente compresso la democrazia sull’altare di un efficientismo che, troppo spesso, ha finito per mascherare un vero e proprio autoritarismo. La prego, non li emuli!
Salvo qualche eccezione, oggi nella scuola manca il confronto, quello vero. Gli organi collegiali si sono trasformati in tanti “cori intonati” che cantano la canzone preferita dal capo e le uniche voci fuori dal coro sono costrette a patire le angherie di quest’ultimo.
Tutto questo ha prodotto una situazione paradossale: coloro i quali, attraverso l’attività didattico-educativa, dovrebbero “costruire e ricostruire la democrazia” (John Dewey) sono i primi a non rivendicarla e non praticarla nelle sedi a ciò preposte.
Per queste ragioni, caro Dirigente del futuro, le chiedo:
Se riuscirà a dare qualche risposta ai bisogni citati avrà concretamente fatto un passo nella giusta direzione.
Giuseppe Iaconis
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