I lettori ci scrivono

Lettera aperta al Ministro Bussetti

Caro ministro Bussetti Sono un giovane docente di lettere, napoletano, uno dei tanti, nulla di speciale…un ordinario lavoratore di questa terra di cui vado sempre più fiero.

Sono un comune professore, uno che ama la sua professione, che crede nel profondo valore educativo del suo lavoro, che crede nei ragazzi e nelle loro potenzialità e per loro spende la sua giovinezza e le sue energie, ogni giorno, nella scuola e nella terra partenopea.

Sono tra coloro che prima di entrare di ruolo hanno dovuto peregrinare per almeno un decennio nel limbo del precariato, fino a che “la buona scuola” non ha giocato alla roulette decretando una nuova fortuna, a tempo indeterminato. Sono un uomo del sud, di 43 anni, ancora appassionato…uno che sente vibrare i polsi e le vene ogni volta che entra in classe e chiama per nome ciascuno dei suoi ragazzi, uno che risponde all’appello con un “eccomi” totale, di carne e sangue, perché prima delle parole mi sono persuaso che i ragazzi hanno bisogno di presenze, di testimonianze, di fatti concreti e storici.

E così, dopo una laurea con il massimo dei voti, pagata col sudore del mio lavoro di studente-lavoratore e il sacrificio dei miei genitori che parlavano solo col sapore del dialetto del popolo, dopo tre specializzazioni, nei balordi e cervellotici sistemi di reclutamento, inventati dai diversi governi succedutisi, sono riuscito a catturare il sogno di una cattedra, ambita, gognata, raggiunta.

Impegno? Lavoro? Sacrificio? Ogni mattina mi alzo all’alba, attraverso la città, raggiungo la periferia, quella che sporca le mani e imbratta i piedi, dove non serve presentarsi in giacca e cravatta ma è meglio restare con la nudità della propria storia e l’accento sicuro delle proprie radici. Ci sono posti dove è meglio entrare in punta di piedi…frontiere che si possono solo amare e abbracciare con la fatica della volontà e il profumo della determinazione…con la caparbietà dei folli che non si arrendono ma continuano a lottare per accarezzare il sogno che la propria missione educativa, l’insegnamento, abbia ancora un valore e un significato. E io ci credo che la scuola incida nei cuori e nelle teste una ferita che sia significato. E io sono orgoglioso di annoverarmi nella schiera di questi pazzi…del profondo sud.

Impegno? Lavoro? Sacrificio? Sono uno di quei docenti che si prepara le lezioni, organizza percorsi, studia strategie, inventa sistemi sempre nuovi per riuscire a parlare al suo pubblico. Ah forse lei non lo sa, ma davanti a me ho, ogni giorno, i cittadini del domani le persone che modificheranno il mondo dei miei e dei suoi figli le coscienze che lasceremo in eredità su questa terra. Ed io questa responsabilità la sento cucita addosso…anzi scolpita dentro. E mi metto in discussione, ogni giorno, spalancando sempre le mie porte per capire da dove viene quella puzza di bruciato nei corti circuiti che, spesso, saltano fuori nel sistema scolastico di cui tutti parlano ad eccezione di chi in esso quotidianamente vive, invecchia e muore. Io nella scuola ci vivo…da sempre…e per essa scendo in campo, lotto, combatto ogni giorno. Ed è per questo che ho diritto di parola…anche io.
Impegno? Lavoro? Sacrificio? In questi anni di insegnamento ho visto tanti piccoli miracoli: strutture fatiscenti, in cui manca il necessario, diventare un giardino di speranza grazie al lavoro intenso di tanti che sognano ancora una civiltà più umana.

Impegno? Lavoro? Sacrificio? È il mio pane quotidiano altrimenti non resisterei con le briciole che lo Stato mi lascia elemosinare, è il segno distintivo di tanti docenti del sud e del nord, è il motto di questi nuovi martiri laici del mondo contemporaneo. Io sono fiero di essere docente di questa scuola del Sud che è stanca di gridare la sua presenza e che, nel silenzio ordinario, è fermento della massa, è lievito per la nostra nazione, da troppi anni stigmatizzata da questo pregiudizio separatista che, oggi più che mai, serpeggia in modo pericoloso.

Caro ministro Bussetti Sono un giovane docente di lettere, napoletano, uno dei tanti, nulla di speciale, un ordinario lavoratore di questa terra di cui vado sempre più fiero.

Mario Ascione

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