I lettori ci scrivono

Lettera aperta al preside Zen e ai suoi 10 colleghi del “Non disturbate il manovratore”

Sarà un effetto collaterale del coronavirus ma prima ci toccano i deliri di onnipotenza di chi scrive su un importante sito nazionale di “poteri straordinari” dei presidi (uso intenzionalmente questo termine) in grado di azzerare la Costituzione, il Codice civile, il CCNL e pure la impossibilità materiale.
E i “poteri straordinari” nascerebbero da questa semplice riga del DPCM “I dirigenti scolastici attivano la didattica a distanza”.

C’è poi chi come Gianni Zen parla, a proposito del rispetto delle norme, di “retorica” ed allora si resta veramente smarriti.
Perché, evidentemente, ai sostenitori dei regimi eccezionali anche in tempi ordinari non pare vero invocare oggi, a sproposito e senza alcun realismo, obblighi inesistenti e formalismi tanto illegittimi quanto assurdi come firmare i registri e prendere le presenze virtuali.
Da dove nasce tutto ciò? Da una concezione ben strana espressa da Zen con questa frase: Perché sono le persone la fonte del diritto.
Aiuto, altro che Stato di diritto, con Zen ritorniamo a l’“Etat c’est moi”.
Ed allora certo che i presidi invocano gli ukase.

Perché se bisogna evitare la retorica, caro Zen, bisogna anche evitare di dividere chi combatte la guerra.
Perché le offese e gli ukase, in questa fase, sono veramente intollerabili.
Il “Tacete e vergognatevi” rivolto ai docenti (sindacalizzati e non), cjontenuto nel comunicato scritto da 10 colleghi di Zen, è veramente irritante e si traduce in un inutile e dannoso stress aggiuntivo.

“Beate le scuole che non hanno bisogno dei presidi” verrebbe voglia di scrivere parafrasando Brecht.
Perché se i 10 presidi del “Lasciateci lavorare” e “Vergognatevi” sono quelli che dovrebbero salvare le scuole dal disastro stiamo freschi veramente.

A cominciare dalla circostanza, ai limiti del peculato per distrazione (e qui Zen immagino sorriderà indulgente) di aver postato il loro comunicato su un sito istituzionale (Indire) che non pare avere nella sua “ragione sociale” il compito di fare l’agenzia di stampa di chi vuole far conoscere rispettabili ma assai “private” posizioni.
Perché se poi, ignorando la realtà, bisogna anche stavolta avviare, caro Zen, la bolsa tiritera dei sindacati sentina di ogni nequizia si può scrivere anche il tragico stupidario dei presidi al tempo del coronavirus.

Si va da quelli che convocavano, ad epidemia già dilagante ed attività didattiche sospese, i team digitali in presenza quasi che usare Skype per il medesimo scopo fosse fantascienza a quelli che, oggi, pretendono che si controlli e si formalizzi la presenza degli studenti alle videolezioni.
Oppure quelli che “la massima urgenza è formalizzare” con le scartoffie la programmazione didattica e quelli che, infine, evocando il parallelo con medici ed infermieri, si chiedono perché i docenti magari non sentano il dovere di recarsi a casa degli studenti a recapitare i tablet che fino ad un mese prima erano chiusi nelle scatole in polverosi magazzini.

Bisogna ricordare ai presidi che se la scuola regge anche oggi non è grazie ai generali che dirigono le truppe con gli ukase.
La scuola regge grazie a quelli che perfino di domenica e nel giorno libero (aiuto inorridirà Zen, questi vorrebbero persino mantenere quello), di mattina, di pomeriggio e pure di notte scrivono centinaia di mail agli studenti (i miei sono 183) e scaricano software, si raccordano con i colleghi e rasserenano pure genitori in ansia perché “ma sui registri non segnate nulla?” oppure “oggi la connessione non reggeva”.

Dovendo, infine, reggere l’assalto dei dispensatori di circolari, di note minacciose e, magari, di chi convoca collegi dei docenti virtuali alle 19,00 di sera.
Ma sarà perché, evidentemente, i dispensatori hanno molto tempo a loro disposizione.
Ignari del fatto che, a dispetto degli Zen che ironizzano sul rispetto delle norme anche in tempi eccezionali, i prof convocati stanno sul pezzo da ben più di 8 ore.
Come gli infermieri e i medici ma con un compito assai simile al loro: salvare i ragazzi da questa tempesta e pure, magari, dai dispensatori di ukase ed ironie facili.
“Speriamo che venga fuori più rispetto anche per gli insegnanti oltre che per medici e infermieri”. Questo è quello che mi ha scritto una carissima amica qualche giorno fa, in piena attività di organizzazione casalinga della didattica al tempo del coronavirus, come incoraggiamento e sostegno a distanza.

Le scriverò perché rivolga l’invito al rispetto anche ai dispensatori di ironie ed ukase.

Franco Labella
docente e RSU FLC-CGIL

 

 

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