Nella scuola italiana, lo sappiamo bene, parole come accoglienza, inclusione, integrazione appartengono da tempo al lessico comune condiviso. L’Italia, ad esempio, è il Paese che prima di tutti gli altri si è posto l’obiettivo dell’inclusione in classi ordinarie dei ragazzi e delle ragazze diversamente abili, in ogni grado dell’istruzione, con l’ormai famosa legge 517 del 1977 che istituisce, tra l’altro, la figura dell’insegnante di sostegno. Insomma, in questo ambito non ci batte nessuno. Men che meno la Francia, in cui parole come inclusione e integrazione – riferite agli studenti in situazione di handicap – sono parole giovani, ancora di difficile applicazione, soprattutto nei livelli più elevati dell’istruzione.
Se, in Italia, ci siamo spesi con coraggio e lungimiranza per l’integrazione di tutte e di tutti, tanto più siamo all’avanguardia nella gestione quotidiana delle fragilità dei nostri studenti sul piano psicologico. La Francia, anche su questo versante, appare oggi in crisi.
Come riportato dal quotidiano Le Monde, è di qualche settimana fa la lettera aperta che Gaïd Le Corfec, dottore di ricerca all’Università di Rennes e psicologa in forza al Ministero dell’Educazione Nazionale, ha inviato al Presidente Macron chiedendogli, senza mezze parole, come sia possibile guardare in faccia tutti i bambini e i ragazzi che sono in pericolo e per i quali la scuola non fa nulla. La dottoressa fa un’analisi lucida e accurata della situazione in cui versano tutti i giovani studenti psicologicamente fragili che non possono contare – per vari motivi – sulla propria famiglia e che la scuola è costretta a ignorare per mancanza di mezzi e risorse finanziarie: la lettera, infatti, evoca mesi di attesa per potere contare su un intervento mirato da parte di uno psicologo ministeriale specialista dell’età evolutiva. Sottolinea gli sforzi che i consigli di classe, senza preparazione specifica, compiono per rispondere alle esigenze e alle richieste di aiuto dei bambini e dei ragazzi in condizioni di disagio psicologico e, dunque, potenzialmente in pericolo. Conclude, mettendo in evidenza la sofferenza dei docenti frustrati dall’inadeguatezza dei loro interventi nei confronti di alunni che talvolta esprimono con comportamenti violenti il proprio malessere.
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