Gentile Onorevole,
la sua idea di aumentare adeguatamente lo stipendio ai docenti proprio nel momento in cui l’attuale ministro dell’istruzione, che appartiene alla sua (nostra) area politica, propone l’introduzione del “docente esperto”, mi induce a una riflessione.
La prima cosa che salta all’occhio è la contraddittorietà delle due iniziative: la sua proposta si rivolge a tutto il personale della scuola (percettore di una remunerazione bassa, che con l’inflazione al 7,8%, tra non molto, pregiudicherà il mantenimento del già modesto tenore di vita); quella del ministro Bianchi, invece, interessa solo una piccolissima percentuale di docenti (si stima uno per ciascuna scuola!).
In quest’ultima, per ragioni anagrafiche, non potrò rientrare: tra 10 anni sarò in pensione.
Ma a prescindere dalla mie personali esigenze, l’idea di elevare la qualità della didattica attraverso lo svolgimento di corsi di formazione è aleatoria. La formazione dei docenti, in effetti, con il passare del tempo si è fatta sempre più standardizzata e, sovente, prescinde dai veri bisogni delle istituzioni scolastiche, dei singoli insegnanti. La “macchina formativa” allestita negli ultimi lustri sembra rispondere più a logiche economico-finanziarie piuttosto che alle reali esigenze delle scuole. Non credo di sbagliare se affermo che su questo versante stiamo registrando un preoccupante arretramento rispetto al passato.
Per elevare la qualità della didattica, a mio giudizio, occorrerebbe anzitutto incrementare gli stipendi degli insegnanti, al fine di rendere appetibile questa nobilissima professione, e, subito dopo, rivedere ab imis il sistema di reclutamento del personale introdotto negli ultimi tempi. Solo rendendo attrattiva la scuola è possibile venire a capo delle criticità di fondo.
Le attuali metodologie di reclutamento, infatti, spingono gli aspiranti docenti ad accumulare titoli astratti, spesso inutili, che finiscono per alimentare un mercato, nazionale ed europeo, dove si offre di tutto – master, corsi di specializzazione, crediti formativi, certificazioni, ecc. – senza che nessuno si preoccupi di monitorare, con serietà e costanza, la qualità e l’efficacia dei percorsi proposti. Tutto questo sta generando una situazione paradossale: il sistema attrae maggiormente chi è “capace” di districarsi con disinvoltura e senza remore in questo coacervo di norme, regolamenti e procedure…
Se nella fase di reclutamento vengono attratti dei soggetti che non possiedono le necessarie attitudini allo svolgimento della funzione docente, è possibile trasformarli in professionisti della didattica e dell’educazione attraverso dei semplici corsi di formazione?
Perdoni lo sfogo Onorevole, ma la superficialità e le uscite estemporanee con le quali viene approcciato il complesso e delicato tema della scuola, soprattutto durante le campagne elettorali, è davvero insopportabile.
Spero che lei trovi il tempo di ascoltare i suggerimenti che arrivano dagli operatori scolastici. Spero che si adoperi concretamente per chiudere al più presto questa triste pagina del “docente esperto”. Ma soprattutto spero che lei faccia di tutto affinché nel prossimo futuro si apra un efficiente canale di comunicazione interno al sistema dell’istruzione che, finalmente, permetta alla base di comunicare con il vertice per veicolare suggerimenti, proposte e critiche su tutto ciò che concerne gli aspetti didattico-pedagogici e organizzativi.
Il difetto di comunicazione menzionato può rappresentare un limite apparentemente poco rilevante, ma non è così, poiché si tratta di una criticità che impedisce al processo decisionale di svilupparsi fruendo del prezioso contributo di chi vive la scuola quotidianamente.
Giuseppe Iaconis
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