Caro ministro, sono in pensione dopo 42 anni di insegnamento in diversi ordini di scuole. Calcolando anche gli anni di studio, ho vissuto la scuola per 61 anni, prima come discente poi come docente.
Mi permetto, visto la gravità del momento, di dare un minimo contributo con pochi spunti di riflessione a proposito del precariato scolastico.
Di concorsi ne ho fatti tanti: tutti a partire dal 1983, qualcuno vinto, qualcuno no. Gli unici utili all’insegnamento sono stati quelli del 2000, costituiti da corsi con colleghi esperti e prove da sostenere.
La scuola mi ha insegnato che è necessario ma non basta sapere per saper insegnare e non basta nemmeno studiare e passare un concorso per diventare bravi insegnanti.
Visto i tempi e le emergenze: mancanza di docenti (si parla di 150mila supplenti o più il prossimo settembre), economia a i minimi storici, ecc. suggerirei banalmente un concorso per titoli (anche on line come già fu fatto in altri anni), la formazione di una graduatorie dalla quale assumere previa conferma dopo l’esito dell’anno di prova a carico del Comitato di valutazione.
Per analogia: se un laureato in medicina può andare in corsia senza specializzazione e senza aver superato l’esame di stato e può curare i malati in ospedale causa pandemia, allora, in un momento critico per la scuola, quando non si riesce a garantire il corretto inizio delle lezioni e la continuità didattica, un laureato con già uno o più anni di servizio può entrare in classe; sarà il Comitato di valutazione a stimarne il lavoro.
Le scuole/gli USR potranno poi attivare, anche in rete, corsi di formazione obbligatori ad hoc per i neo assunti in prova.
Le graduatorie, come si fa ormai per prassi consolidata, potrebbero essere aggiornate ogni due/tre anni con procedure on line.
Un simile approccio agevolerebbe gli alunni, le scuole e i docenti.
Chiara Nipoti
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